ItaliaOggi, 6 gennaio 2017
La svolta linguistica di Bersani
Improvvisa, drastica e clamorosa svolta linguistica da parte di Pier Luigi Bersani. Sinora, l’ex segretario del Pd si era caratterizzato per un eloquio ruspante, che a volte aveva il difetto di essere incomprensibile fuori dalla sua provincia di origine, ma che aveva comunque il pregio di essere un parlato di tipo padano, che sapeva di stalle e fattorie, di bocciofile e di Gutturnio bevuto nello scodellino bianco di ceramica col dito intinto nel vino. Roba da Peppone e don Camillo. Ma adesso, dopo aver vinto il referendum e aver messo all’angolo Renzi (o almeno lui spera che sia così), c’è stata una svolta. Nel suo ultimo articolo pubblicato nel sito www.ilcampodelleidee.it, Bersani ha infatti abbandonato lo smacchiamento dei giaguari, non vuol più parlare di mucche nei corridoi, né di tacchini sui tetti e si è messo a scrivere in inglese. Lingua peraltro, ed è il qui il doppio miracolo, che non conosce. Ma è già successo fra gli apostoli con la Pentecoste. Bersani infatti cita il The Price of Inequality, parla di friction-free capitalism, evoca The Road Ahead, aborre il the winner takes it all. Insomma, alèè, è tutta un’altra storia.