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 2017  gennaio 05 Giovedì calendario

Perché il merito non entra a scuola

Nello stipendio di dicembre e, per chi non ha fatto in tempo, nella prima busta paga del 2017 è in arrivo il bonus di merito per gli insegnanti che se lo sono guadagnato nello scorso anno scolastico.
Sono 247.782 in tutto, i prof premiati: più di un terzo degli insegnanti di ruolo, che sono 624 mila. Per ora avranno solo l’80 per cento dell’una tantum prevista dalla riforma perché il ministero si tiene un quinto dei fondi – duecento milioni di euro stanziati per l’anno scolastico 2015-16 – in attesa della definizione del ricorso dei sindacati al Tar: chiedono che anche i supplenti e non solo gli insegnanti di ruolo possano avere il premio.
Il bonus è una delle novità previste dalla riforma Renzi: non più aumenti a pioggia nel contratto, ma il riconoscimento del lavoro e della dedizione (e anche dei risultati) degli insegnanti migliori. Oggi che la riforma sta subendo una drastica revisione, c’è da domandarsi se il premio di quest’anno sia destinato a restare davvero un’una tantum: nell’ultimo incontro del 2016 con la ministra Valeria Fedeli, i sindacati hanno parlato anche di come cambiare o addirittura abolire questo premio, che da subito ha creato più malumori che entusiasmo. Si vedrà se alla fine la spunteranno e tutto finirà nel prossimo contratto.
Per quest’anno ogni scuola ha avuto in media 23 mila euro da distribuire tra i prof migliori, da far scegliere ad una commissione: i premi sono stati da 200 a 1.800 euro a insegnante, con una media di 6-700 euro, che in busta paga arrivano più che dimezzati dalle tasse.
Tutte le scuole hanno assegnato il bonus se, secondo i dati del ministero, solo 500 su ottomila istituti non si sono adeguati. Ma lasciando al comitato di valutazione, istituito apposta, la scelta dei bravi prof sia pure con criteri indicati dalla legge, è successo un po’ di tutto e il risultato è una lunga litania di proteste e di arrabbiature che hanno avvelenato anche il clima tra colleghi, anche tra chi pensa che il premio a chi si impegna sia una buona idea.
Molti presidi hanno deciso di non divulgare i nomi dei premiati per evitare proteste, la Cisl ha monitorato l’umore dei prof in Sicilia: in nove scuole su dieci il clima è diventato «teso» dopo l’istituzione del bonus. Sui social e sui siti specializzati circolano denunce, quasi sempre anonime, che la poca trasparenza della procedura non riesce a zittire: «la vicaria ha preso 3.500 euro», «la preside ha premiato il suo staff», «il comitato ha scelto solo tre insegnanti su settanta». E tra gli esclusi, che potrebbero puntare al premio il prossimo anno, crescono le proteste.
Nel bonus, con queste modalità, finisce per esserci una buona dose di casualità: nel Lazio sono stati premiati il 47 per cento dei prof, cioè uno su due, ma in Lombardia la competizione è stata molto più dura: solo il 36 per cento, cioè uno su tre, ha avuto la busta paga appesantita dal bonus. Una scuola su 5 ha scelto di dividere i fondi in parti uguali, le altre hanno dato bonus differenziati. Alcuni comitati li hanno assegnati ad un gruppo di insegnanti e non ai singoli. A Palermo nella metà delle scuole il premio è stato assegnato sulla base dell’autocertificazione degli insegnanti stessi.
Insomma ognuno ha scelto cosa premiare. È vero che chi è contento magari non ringrazia, ma le proteste sono dilagate ovunque anche con creazione di comitati e proposte di rivolta civile come quella di lasciare il premio alla scuola per fare progetti per i ragazzi. È successo a Bologna, per esempio, all’Istituto comprensivo Volta: 72 prof su 177 hanno rinunciato a partecipare alla competizione, ma la protesta è stata un po’ dovunque da Milano a Palermo, passando per Roma (al Mamiani) e Napoli. Chi si è offeso perché non è stato premiato e chi perché «alla fine in busta paga c’è un’elemosina». L’anno prossimo ci saranno ancora duecento milioni. Forse.