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 2017  gennaio 05 Giovedì calendario

La Beyoncé curda a 3 chilometri dal fronte. «L’Isis mi vuole morta. Io sto con i peshmerga»

ERBIL Pelliccia bianca rigorosamente sintetica, orecchini a cerchio che arrivano alle spalle, unghie da leonessa laccate di rosso, Helly Luv fa risuonare il tacco a spillo dei suoi stivali mentre entra nella hall del Rotana, l’hotel più blindato di Erbil. «È la nostra star», sospira il concierge roteando gli occhi. Ma dire stella è dire poco. La Beyoncé curda, la Madonna delle truppe peshmerga, la Shakira del Medio Oriente: da quando è tornata da Hollywood l’hanno chiamata in tanti modi. E per chi arriva in città è subito chiaro: Helly – al secolo Helan Abdulla – nel Kurdistan iracheno è un simbolo, quasi quanto la bandiera rossa bianca e verde con il sole al centro.
«Sono nata in Iran nel 1988 durante la guerra del Golfo», racconta al Corriere accoccolata su un divano di raso rosso fuoco. È davvero piccola quando scappa con la famiglia. Prima finisce in Turchia in un campo profughi per nove mesi. Poi passa in Finlandia. «Ero l’unica in classe con i capelli e gli occhi scuri. Mi prendevano in giro». Ma piegarsi non è tra le opzioni. A 18 anni decide di andarsene a Los Angeles. «Volevo cantare e ballare. Il Nord Europa mi andava stretto». Poi l’Iraq, e di nuovo la guerra. «Ero qui a Erbil quando Isis ha attaccato per la prima volta». L’ascesa è rapida. Si esibisce per la Regina Elisabetta, diventa testimonial per la Nike in Finlandia, compare in «Peshmerga» di Bernard-Henri Lévy e sfila a Cannes, dove arriva a bordo di un jet privato.
A farla finire sotto la lunga ala del presidente Barzani nel 2015 è «Revolution», singolo e videoclip nel quale la si può rimirare mentre sbaraglia i jihadisti a colpi di tuta mimetica aderente e décolleté dorate. «Le divise militari mi sono sempre piaciute», confessa. La leggenda narra che il nonno abbia combattuto contro i peshmerga. Ma lei oggi fa brillare una lacrima tra le ciglia finte mentre racconta di sentirsi a tutti gli effetti curda. «Quando ho sentito cosa stava facendo Isis a questo popolo ho deciso di usare la mia musica come un’arma per difenderlo». Morale, due anni fa lei e la sua troupe si installano a «tre chilometri dalla linea del fronte, con le pallottole che ci fischiavano sulla testa». E producono un successo da cinque milioni di visualizzazioni su YouTube.
I miliziani di Al Baghdadi non la prendono bene. «Ci hanno attaccato mentre giravamo», sottolinea. Ma il problema non è solo la musica. Farsi sfidare da una femmina non fa bene alle pubbliche relazioni, soprattutto mentre si perde sul campo di battaglia. «Mi hanno mandato la foto di una donna morta con scritto “la prossima potresti essere tu” e hanno messo una taglia sulla mia testa», racconta lei abbassando la voce. Così oggi la Beyoncé curda si fa vedere un po’ meno in giro ed evita i posti non controllati. «Ma non ho paura. I gruppi islamisti temono le donne forti perché sanno che non ci possono piegar», dice guardando dritta in camera mentre posa per le fotografie.
Dall’alto del suo tacco 12, Helly sostiene di non voler abbandonare l’impegno umanitario. Nei campi profughi l’aspettano. «Se pensano che mi faccia spaventare, si sbagliano. Questa gente ha bisogno di aiuto, e voi italiani avete fatto molto per loro». Sorride tanto la cantante preferita di Barzani: combattere l’Isis a suon di videoclip la sta facendo conoscere in tutto il mondo. Quindi niente ritorno negli States, per il momento. «Io resto in Kurdistan», si congeda.
Poi, un autografo, un bacio e Helly Luv se ne va in una scia di profumo e uno sventolio di ciglia mentre quattro inservienti si precipitano a spalancarle la porta.