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 2017  gennaio 05 Giovedì calendario

Napoli, dai vecchi capi ai baby boss addestrati come jihadisti

Feriti a mezzogiorno. I colpi di pistola sparati quando il passeggio in questo groviglio di strade a pochi passi dalla stazione centrale di Napoli è al culmine. I proiettili tra i passanti alle prese con bancarelle di vestiti e minutaglie elettroniche che rappresentano il livello più basso a cui può portare la voglia di consumismo a tutti i costi.
Non è la prima sparatoria in pieno giorno né la prima ad avere tra le sue vittime una bambina del tutto innocente. Ma stavolta a essere coinvolti sono anche tre commercianti senegalesi. Nessuno è in pericolo di vita ma in pericolo è la vita stessa di Napoli ostaggio di una guerra senza fine. «La situazione sta diventando davvero molto difficile – racconta padre Alex Zanotelli che quelle strade le conosce bene -. Sono spariti i capi storici della camorra finiti tutti in prigione e ormai trasformati in collaboratori della giustizia. La vecchia camorra organizzata è nelle mani di ragazzini di età tra i 16 e i 30 anni privi di scrupoli. Sparano in pieno giorno, in pubblico, in centro, sulla folla, senza mostrare alcun timore. È un salto di qualità che il giudice Nicola Quatrano ha individuato descrivendo molto bene il filo che lega i loro gesti a quelli dei combattenti della jihad. Vogliono seminare il terrore e ci stanno riuscendo, c’è tanta paura a Napoli».
Quello che è avvenuto nelle strade tra il mercato della Maddalena e quello della Duchesca, infatti, di sicuro non ha nulla a che vedere con il razzismo, come spiega don Tonino Palmese, referente di Libera in Campania e vicepresidente della Fondazione Polis che si occupa delle vittime innocenti della criminalità e dei loro familiari. «Napoli è la città con il maggior numero di vittime innocenti. Sono state oltre 200 in trent’anni, una cifra enorme. La camorra non ha mai smesso di mostrare il suo volto peggiore a differenza delle altre categorie criminali e lo fa a qualsiasi ora del giorno. I senegalesi colpiti appartengono a una categoria precisa, quella dei commercianti. Non importa la loro nazionalità, conta il fatto che abbiano dei guadagni che la criminalità intende controllare come quelli di chiunque altro».
Insomma siamo di fronte a uno dei tanti episodi di minacce per far pagare il pizzo a chi vuole gestire un’attività commerciale. Ma siamo davvero sicuri che sia questo il motivo della sparatoria di ieri mattina? In Prefettura spiegano di aver bisogno di tempo per capire e spiegare che cosa è accaduto davvero. La zona è piena di telecamere, gli inquirenti stanno esaminando tutte le immagini per dare la giusta interpretazione. Ma gli esperti dei comportamenti della criminalità organizzata, di quel linguaggio formato da gesti e non da parole, si soffermano su un dettaglio. «Non conosco i dettagli della vicenda – spiega Tano Grasso, presidente dell’associazione antiracket – ma per capire il movente del gesto compiuto bisogna osservare come è avvenuta la sparatoria. Se chi ha fatto fuoco ha mirato sui commercianti è improbabile che si tratti di un gesto legato a una dinamica estorsiva. Chi vuole farsi pagare non danneggia chi può pagarlo. In passato altre volte ci sono state minacce anche molto pesanti nei confronti di stranieri, dai cinesi a commercianti di altre nazionalità. Sono sempre state minacce rivolte alla loro attività, però».
È padre Alex Zanotelli, che da oltre dieci anni vive nel rione Sanità dove svolge la sua attività di missionario, a ricordare l’altro grande filone di guadagni gestiti dalla criminalità organizzata a Napoli, lo spaccio di droga. «Gli stranieri che lavorano come ambulanti vengono usati molto spesso in quella zona come pusher per vendere sostanze stupefacenti nelle strade. Una delle piste da seguire, quindi, è anche quella del regolamento di conti all’interno del traffico di droga».