Corriere della Sera, 5 gennaio 2017
1959, il miracolo economico e il boom della Seicento. L’anno dei minimi sindacali nei contratti di lavoro
Nel 1959 a Cuba si era appena insediato Fidel Castro rovesciando il regime di Batista. Da noi tutti compravano frigoriferi (in quell’anno le famiglie che ne possedevano uno passarono dal 13 al 55%). Federico Fellini aveva appena cominciato a girare «La dolce vita», ma a Venezia vince il Leone d’oro «La Grande Guerra», il capolavoro di Mario Monicelli. Salvatore Quasimodo, a dicembre, fu insignito del premio Nobel per la letteratura. A Sanremo, condotto da Enzo Tortora, trionfò Domenico Modugno con la canzone «Piove».
Anche il 1959, come il 2016, fu un anno in deflazione, con i prezzi che batterono in ritirata come i gamberi. Ma era completamente diverso il contesto. Quell’anno il quotidiano inglese Daily Mail coniò un’espressione che fece epoca. L’Italia fu definita un «miracolo economico». Aveva tassi di crescita compresi tra il 5 e il 7%, e non gli zero virgola di questi ultimi 15 anni.
Gli stipendi erano commisurati al costo della vita. Un impiegato guadagnava in media 60 mila lire al mese (820 euro al mese di oggi, calcolando la rivalutazione Istat), un operaio 47 mila (642,71 euro). Ad ottobre entra in vigore una legge che parla di minimo sindacale e di estensione erga omnes dei contratti collettivi. Un litro di latte costava in media 84 lire ( 1,15 euro), un chilo di pane 133 lire (1,82 euro di oggi). Il biglietto dell’autobus 35 lire (0,48 euro ai valori attuali). Il 1959 è l’ultimo anno di una decade d’oro. In cui consumi degli italiani crescono in media del 5% all’anno. Nei primi anni Sessanta la propensione all’acquisto sfiora un aumento dell’8%. La cartina di tornasole è la Seicento della Fiat. In quell’anno s’immatricolano 109 mila vetture. Un autentico boom, come la passione degli italiani per la televisione. Una famiglia su due ne compra una per averla in casa.