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 2017  gennaio 04 Mercoledì calendario

E il «principe del pallottoliere» finì per occuparsi anche di Ucraina

ROMA Principe dei peones e simbolo inarrivabile di trasformismo, ginecologo di formazione e agopuntore ma da ieri esperto di Ucraina e Alleanza atlantica, il senatore Domenico Scilipoti, da alcuni anni nel cuore di Berlusconi, ha rotto un lungo periodo di silenzio rivendicando due cose: la sua sicilianità, le sue radici messinesi, e la competenza con quelle zone di confine dove ucraini e russi si sparano a vista e nemmeno una mezza dozzina di riunioni fra Putin, Hollande e la Merkel hanno risolto la questione.
Amante dell’iperbole, unico nel citare il Levitico in Senato, «responsabile» di aver tenuto in vita il governo dell’ex Cavaliere ma anche la maggioranza di Matteo Renzi, ieri Scilipoti è tornato in campo coniandone una nuova, un parallelo fra la sua curva professionale e quella che segnò il percorso di Gaetano Martino, che proprio dell’Alleanza atlantica fu in qualche modo «padre» politico, contribuendo a redigerne compiti e confini.
A Scilipoti invece è toccata la vicepresidenza della commissione dell’assemblea parlamentare della Nato che si occupa di Scienze, e un posto in quella che si occupa di Ucraina, ma per colui che fu denunciato da Antonio Di Pietro per aver lasciato il partito e tradito gli elettori dell’Idv, anche un posto in una commissione di secondo piano, finanziata dai parlamenti nazionali, in qualche modo pleonastica, vale un comunicato stampa scoppiettante, dai cenni storici: lui di nuovo sul proscenio, ma questa volta non della noiosa politica nostrana, sempre alle prese con il pallottoliere del Senato, di cui è stato protagonista indiscusso, bensì quella altisonante fatta di geopolitica e di memorie di blocchi storici, di equilibri delicati e talvolta segreti, su direttrici che spaziano da Vilnius a Berlino, da Instanbul sino a Bruxelles.
Al suo orgoglio ieri Scilipoti ha aggiunto una passione nuova, quella per la Nato, ma l’ha condita con i valori cristiani e con le radici siciliane: «Porterò con me gli insegnamenti del popolo siciliano che ha fatto dell’accoglienza e dell’incontro fra culture una ricetta vincente». Non risulta che alla Nato le competenze richieste incrocino credo religioso e tradizioni locali, ma nel caso di Scilipoti, senatore per decisione blindata di Berlusconi, tutto, come si direbbe in Sicilia, «fa brodo».
In realtà ci sarebbe da dire che l’unico italiano che potrebbe vantare qualcosa è Paolo Alli, parlamentare dell’Ncd, che da novembre, senza clamore, ha assunto la presidenza dell’assemblea parlamentare affiancata alla Nato, consapevole che il suo incarico è importante, ma è anche di rappresentanza più che di sostanza, come del resto fu quello di Federica Mogherini, che fu capo dei parlamentari italiani presso l’organismo atlantico.
Ma Scilipoti ha fatto dell’iperbole la sua cifra. Si è difeso, nei sui anni di ribalta, anche da indagato, con gli affetti personali: «Mio figlio ha sofferto, ma sa che sono un galantuomo». Alberto Di Majo, sul quotidiano Il Tempo, ha scritto una sintesi azzeccata: «È stato il deputato che ha allungato la vita all’ultimo governo Berlusconi. Lui, eletto con il partito più antiberlusconiano, è diventato il simbolo di una stagione politica. Era dicembre 2010 quando Scilipoti, medico ginecologo, decideva di sostenere il Cavaliere neutralizzando la mozione di sfiducia di Fini. Ha subito una variegata serie di insulti, tanto da dover girare con la scorta. Il suo nome è stato usato, spregiativamente, per definire i voltagabbana. “Scilipotismo” è finito nel dizionario Treccani».
Da ieri c’è qualcosa in più: la competenza, presunta, con le questioni che tratta la Nato.