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 2017  gennaio 04 Mercoledì calendario

Brexit, lascia l’uomo dei negoziati. Si dimette a sorpresa Ivan Rogers, ambasciatore presso l’Unione europea

I cruciali negoziati tra Londra e Bruxelles partiranno senza la persona considerata il maggiore esperto britannico di trattative con l’Unione Europea. Sir Ivan Rogers, l’ambasciatore britannico presso la Ue, ieri ha dato inaspettatamente le dimissioni. La decisione di lasciare, confermata dal Foreign Office, ha colto di sorpresa Downing Street e priva la Gran Bretagna del negoziatore che avrebbe dovuto avere un ruolo di rilievo nelle trattative su Brexit.
La spiegazione ufficiale data dal Governo è che Rogers ha lasciato l’incarico in anticipo per permettere alla premier Theresa May di nominare un successore prima dell’avvio dei negoziati formali con Bruxelles in marzo. Il mandato dell’ambasciatore, che non ha voluto fare commenti, sarebbe scaduto in novembre.
Le ragioni per le dimissioni a sorpresa però sono altre, secondo fonti non ufficiali ma bene informate. Rogers avrebbe lasciato perché bersagliato di critiche dal fronte pro-Brexit, che lo considera troppo filo-europeo, e perché frustrato dall’indecisione del Governo sulla strategia da adottare e dalla mancanza di realismo di molti ministri vicini alla premier. Downing Street lo considerava troppo pessimista e sempre più in contrasto con il messaggio volutamente positivo che la May vuole inviare su Brexit.
In un memorandum riservato scritto in ottobre, Rogers aveva avvertito Downing Street che ci sarebbero voluti dieci anni, non i previsti due anni, per raggiungere un accordo di libero scambio con la Ue e che il lieto fine non è affatto garantito. Sottolineando la complessità e difficoltà dei negoziati, l’ambasciatore aveva anche avvertito Londra che l’intesa, una volta raggiunta, deve essere comunque ratificata da tutti i Parlamenti nazionali dei Paesi membri e potrebbe quindi essere respinta.
In dicembre il memorandum di Rogers era stato girato alla stampa, probabilmente per screditarlo e metterlo in difficoltà. Downing Street aveva detto che come tutti gli ambasciatori il diplomatico britannico non esprimeva convinzioni proprie ma riportava le opinioni di altri, e aveva ripetuto il solito mantra: il Governo ha «la massima fiducia che un accordo positivo sia per la Gran Bretagna che per la Ue possa essere raggiunto nei tempi previsti».
Il monito di Rogers era però stato ferocemente criticato dal fronte pro-Brexit, che già considerava l’ambasciatore un nemico. Secondo il quotidiano ultraconservatore Daily Mail, molte persone «avevano chiesto la testa di Sir Ivan e la sua sostituzione con un diplomatico più energicamente pro-Brexit».
Ieri, mentre Downing Street si è limitata a un freddo ringraziamento di prassi a Rogers per il lavoro svolto negli ultimi tre anni, i maggiori sostenitori di Brexit hanno esultato apertamente per quella che considerano una vittoria. 
Nigel Farage, leader di Ukip, ha dichiarato che il filo-europeo Rogers deve ora essere sostituito da un «vero fautore di Brexit», invitando anche altri diplomatici britannici nel mondo a dimettersi perché rappresentano il vecchio mondo pre-referendum.
Il fronte opposto ha invece espresso costernazione per la perdita di un vero esperto in un momento così delicato. Charles Grant, direttore del Centre for European Reform, ha dichiarato che «le dimissioni di Ivan Rogers rendono meno probabile un compromesso positivo su Brexit, perchè era una delle poche persone al vertice che capiscono la Ue e che dicono la verità». Nick Clegg, ex vicepremier e leader del partito liberaldemocratico, ha dichiarato che se è vero che Rogers è stato esautorato allora il Governo ha fatto «uno spettacolare autogol». 
L’ambasciatore è un veterano di Bruxelles apprezzato da leader sia laburisti che conservatori per la sua competenza. Segretario privato del cancelliere conservatore Kenneth Clarke, era poi andato a Bruxelles negli anni Novanta come chief of staff di Lord Brittan, il commissario Ue al commercio, accumulando una vasta esperienza. In seguito era stato segretario privato del premier laburista Tony Blair. David Cameron lo aveva scelto come consulente sull’Europa e poi lo aveva nominato ambasciatore presso la Ue nel 2013. 
Le dimissioni dell’ambasciatore, che seguono quelle del commissario Ue Jonathan Hill nel giugno scorso, rafforzano la sensazione che la premier Theresa May stia puntando sempre più spedita verso una “hard Brexit”, un taglio netto con Bruxelles che prevede anche l’uscita dal mercato unico. Secondo Grant Rogers «non avrebbe dato le dimissioni se non avesse perduto la fiducia di Downing Street». La sua dipartita è quindi un segnale che «il Governo May mette la sovranità al di sopra dell’integrazione economica con la Ue».