La Stampa, 4 gennaio 2017
Ecologisti contro cacciatori. La guerra nei Colli Euganei tra cinghiali e speculazione. In Veneto, una legge riduce il Parco per allentare i vincoli ambientali
Ambientalisti contro cacciatori, sui dolci pendii lontani «dai tumulti, dai rumori e dalle cure» che Petrarca scelse per trascorrere l’ultimo scorcio di vita e hanno ispirato letterati di tutto il mondo, da Shelley a Foscolo. Un codicillo natalizio inserito nella legge di bilancio della Regione Veneto restringe i confini del Parco dei Colli euganei, estrapolando alcune aree (eufemisticamente definite pre-parco o zone contigue) in cui allentare i vincoli su attività edilizie e caccia.
Il nuovo perimetro sarà deciso entro 90 giorni. L’obiettivo è ridurre di due terzi la superficie del parco, oggi di circa 18 mila ettari, in cui vivono 50 mila abitanti. Il promotore dell’emendamento, poi votato da tutto il centrodestra, è Sergio Berlato, recordman di preferenze e punta di lancia della lobby dei cacciatori (tra l’altro ha proposto di introdurre nel codice penale il reato di «disturbo e molestie ai cacciatori»).
La norma sostiene la «necessità e urgenza» di cancellare «norme eccessivamente vincolistiche che ingessano il territorio». In particolare, scrive Berlato nella relazione depositata in Regione, bisogna far fronte «a una situazione non più sostenibile» rappresentata «dai danni rilevanti» causati dall’aumento degli animali selvatici, soprattutto cinghiali.
Dodici dei 15 sindaci coinvolti si sono schierati contro, ma non è bastato. «È stata un’imboscata indecente, una cannonata che sbriciola un monumento», lamentano gli ambientalisti del Comitato difesa Colli Euganei in una lettera aperta al governatore leghista Luca Zaia.
I toni riecheggiano quelli del 1968, quando sorsero i primi comitati per tutelare i Colli. L’istituzione del parco, nel 1989, rappresentò uno dei primi casi di successo di mobilitazione popolare a scopo ambientale. All’epoca l’emergenza erano le cave, poi sarebbe diventata il consumo di suolo, che sull’onda dell’industrializzazione ha reso il Veneto una «città continua» di villette e capannoni. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), il consumo di suolo costa ogni anno al Veneto 137 milioni di euro. La superficie impermeabilizzata (edifici, infrastrutture, parcheggi) ha raggiunto il 12,2%. La media italiana è il 7,6%, solo la Lombardia è più cementificata.
Nonostante polemiche, minacce, incendi, tentativi di limitare i vincoli paesaggistici e progetti edilizi sia residenziali che industriali, finora il parco ha resistito. «Assediato» dall’urbanizzazione nelle aree precollinari, in particolare quelle termali, nelle mappe appare ancora un’oasi verde di straordinario pregio e varietà. Diversi intellettuali hanno descritto i Colli con metafore marine, «sorgono isolati come scogli sul mare» scriveva il geologo inglese John Strange nel 1770. E lo stesso Shelley, mezzo secolo dopo: «Sì, molte isole fiorite giacciono/nelle acque della vasta Agonia. / A un’isola così fu stamattina tratta / la mia barca».
Rilievi tra i 400 e i 500 metri si stagliano sulla pianura aprendo luminose insenature, esito di un’originale storia geologica. Monasteri e ville magnifiche punteggiano il paesaggio. Chi vi si addentra lasciandosi alle spalle Padova, dopo una decina di chilometri a Sud, si ritrova avviluppato in «snodi e nodi quasi gordiani creati dalle movenze collinari», come scriveva il poeta Andrea Zanzotto.
I nemici del parco non sono mai mancati: inevitabile, in un territorio assai antropizzato (ma proprio questo è il suo fascino). Gli allarmi sulle conseguenze economiche catastrofiche sono stati smentiti. Un rapporto dell’Ente Parco del 2003 documentava che «i tassi di crescita edilizia sono nella media di quelli della provincia», mentre si sviluppavano nuovi settori: olivicoltura triplicata in 15 anni, riscoperta dei vitigni autoctoni, diffusione del turismo enogastronomico e culturale.
I cinghiali («introdotti illegalmente», denunciano gli ambientalisti) dalla seconda metà degli Anni 90 danneggiano coltivazioni e flora selvatica e provocano incidenti con feriti anche gravi. Perfino il prefetto è intervenuto. Secondo la Coldiretti oggi ce ne sono almeno 4000 e si riproducono del 140-170% l’anno. Il Parco ne ha abbattuti 7.500 negli ultimi anni, ma è una lotta impari: possono operare solo 7 addetti con 41 cacciatori autorizzati a supporto.
Secondo agricoltori, cacciatori e maggioranza di centrodestra, l’unica soluzione è ridimensionare il parco. Secondo gli ambientalisti, bisognerebbe potenziarne le attività, mentre la riduzione del perimetro e dei vincoli sarebbe solo un favore a cacciatori e speculatori.
«Emergenza senza precedenti. L’agricoltura è devastata». Intervista a Sergio Berlato Sergio Berlato è il promotore dell’emendamento che punta a ridurre l’area protetta del Parco. È il paladino dei cacciatori e non ne ha mai fatto mistero. L’ex eurodeputato di Alleanza Nazionale, oggi consigliere regionale di Fratelli d’Italia in Veneto, respinge però le accuse di chi vede la riclassificazione del Parco come un favore al mondo venatorio. «Siamo di fronte a un’emergenza che va affrontata con strumenti straordinari. Ci sono dai 10 ai 15 mila cinghiali che ogni notte distruggono quel territorio. Possiamo equipararli ad altrettanti trattori con aratro: credo sia un’immagine adeguata per la devastazione che si lasciano alle spalle».
Le conseguenze, tuttavia, non sono solo per il mondo agricolo.
«I coltivatori sono esasperati e lamentano danni ingentissimi, soprattutto alle vigne, ma gli automobilisti sono quelli che corrono i pericoli maggiori: non passa giorno senza investimenti di questi animali selvatici. Dobbiamo agire prima che ci scappi il morto».
Qual è la sua proposta?
«Il progetto di legge non vuole smantellare il Parco, ma solo procedere a una diversa catalogazione delle aree, modulando la vincolistica: esistono molte zone di scarso pregio ambientale, come quelle agricole e pianeggianti, che sono prevalenti e che diventerebbero “contigue”, mentre i Colli Euganei veri e propri resterebbero a tutela piena».
Una zonizzazione che darebbe via libera alle «doppiette»?
«Nessuna invaasione: si prevede solo la possibilità per la Giunta regionale, d’intesa con l’ente Parco e i Comuni, di adottare piani di contenimento della fauna selvatica: il prelievo straordinario sarebbe autorizzato per i soli residenti nella zona afflitta da quella che è ormai una piaga vera e propria. Dopo dieci anni di chiacchiere, è il tempo dell’azione». «Un favore alla lobby venatoria. Decenni di lavoro buttati». Intervista a Flores Baccini «Per sterminare i cinghiali si fa a brandelli il Parco dei Colli Euganei». Flores Baccini è la presidentessa di Legambiente di Este (Padova) e prefigura scenari tragici per il territorio tanto caro al Petrarca, ma anche, in prospettiva, per il Parco della Lessinia, nel Veronese, alle prese col medesimo problema.
Non le sembra di esagerare?
«In due mesi, senza accordo tra istituzioni, ci sarà una riduzione di 12.500 ettari dell’area protetta. È il frutto di un blitz a margine della Finanziaria regionale del Veneto che ha impedito perfino la discussione in aula: ci sono volute storiche battaglie per istituire il Parco, sono stati sufficienti dieci minuti, senza repliche, e un semplice emendamento, per distruggerlo. Ma noi non ci arrendiamo e facciamo appello ai 12 Comuni contrari per bloccare quest’assurdità».
Il problema dell’invasione dei cinghiali è però reale.
«Assolutamente sì. Ma non si risolve facendo diventare il Parco un arcipelago di isolette protette, in un contesto di territorio con termine ribattezzato come “contiguo”, dove tutto sarà ammesso. Bisogna incentivare i prelievi straordinari da parte del personale specializzato: lo scorso anno, per una presunta mancanza di fondi, c’è stato un tracollo della caccia di selezione e gli esemplari hanno proliferato in pochi mesi».
Quale futuro attende i “Colli”?
«Con quest’operazione, orchestrata a favore della lobby dei cacciatori, si distruggono decenni di lavoro. Un progetto affidato a suo tempo all’illustre professor Roberto Gambino, del Politecnico di Torino, che era servito a tutelare una zona che è anche conosciuta come una delle più suggestive tra “Le strade del vino” italiane ed era in lizza per ottenere la tutela dell’Unesco nella Rete delle Riserve Uomo e Biosfera».