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 2017  gennaio 04 Mercoledì calendario

Steno, quella risata che dura da cent’anni

Il 19 gennaio 1917 nasceva a Roma Steno, uno dei maestri della commedia italiana. Cent’anni dopo, mentre il cinema leggero continua a imperversare (sia pure con ambizioni e protagonisti di spessore decisamente diverso), una grande mostra monigrafica in programma dall’11 aprile al 5 giugno alla Galleria Nazionale d’Arte Monderna e Contemporanea celebra il regista di Un americano a Roma, Un giorno in pretura, Piccola posta, Totò cerca casa, Guardie e Ladri, Piedone lo sbirro, Il tango della gelosia, Febbre da cavallo: Steno, l’arte di far ridere – c’era una volta l’Italia di Steno. E c’è ancora. La cura di Marco Dionisi e Nevio De Pascalis, patrocinata dalla Regione Lazio, prodotta da Show Eventi in collaborazione con CityFest, il programma di attività annuali della Fondazione Cinema per Roma presieduta da Piera Detassis.
IL PERCORSO
Foto, carteggi, documenti, materiali audiovisivi e testimonianze ricostruiranno il percorso umano e artistico di Steno, nome d’arte di Stefano Vanzina, laureato in Giurisprudenza, diplomato all’Accademia di Belle Arti e al Centro Sperimentale, regista e sceneggiatore, disegnatore, scrittore (Sotto le stelle del ’44, uscito da Sellerio, è ancora emozionante), autore di spettacoli. E umorista nato nella rivista satirica Marc’Aurelio, la bottega che covò anche il talento di Fellini, Scola, Metz, Marchesi, Scarpelli, Zavattini.
Pezzo forte della mostra, all’interno della Gnam eccezionalmente aperta al cinema, sarà il Diario Futile, un irresistibile album di ritagli, foto, vignette, appunti, collage dissacranti messi insieme tra il 1941 e il 1943 dal regista che prendeva spunto dalla guerra, il regime, le mode, la censura, i tic degli intellettuali. Il volume è stato fornito ai curatori, così come gli altri materiali, dai figli di Steno Carlo ed Enrico Vanzina e appare come un’opera coloratissima che anticipava la cultura pop e oggi richiama i famosi strappi dell’artista Mimmo Rotella.
GLI EREDI
E sono proprio Carlo ed Enrico, a loro volta maestri della commedia cresciuti a tu per tu con i grandi dello spettacolo e della cultura, a ricordare tra carriera e privato il grande Steno, scomparso a Roma il 13 marzo 1988. Cominciando con lo sfatare l’equivoco sul suo anno di nascita: «È il 1917 e non, come riporta Wikipedia, il 1915: non sono riuscito a correggere l’errore on line, dovuto forse al fatto che il suo amico Mario Monicelli era nato proprio nel 1915», dice Enrico. «Ma papà, a differenza dei suoi colleghi che amavano la commedia amara o dai risvolti drammatici e mai avrebbero girato un film come Susanna tutta panna, ha sempre avuto la vocazione per la comicità», aggiunge Carlo.
Insieme con i fotogrammi dei film di Steno, radicati nell’immaginario collettivo (i maccheroni di Un americano a Roma, i personaggi evergreen di Febbre da cavallo, il carisma inossidabile di Totò, il sex appeal di Vitti e Melato...), sfilano i ricordi di una vita divisa tra cinema popolare, cultura alta, riti borghesi: «Nostro padre ci ha introdotti alla letteratura e all’arte, con lui abbiamo visitato i musei di tutta Europa», raccontano i figli.
Riaffora il ricordo dei pranzi domenicali, degli intellettuali e cineasti ospiti assidui in casa Vanzina: Longanesi, Marchesi, Camerini, Flaiano, De Feo, Soldati, Monicelli, i produttori Ponti, De Laurentiis, Lombardo, le star Sordi e Totò (che in privato tornava il Principe De Curtis), la grande sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico.
Era l’epoca in cui anche un regista di commedie veniva considerato un intellettuale eppure Steno, come l’amato Totò, non ebbe grandi riconoscimenti o premi importanti. «Ma non se ne faceva un cruccio e proprio dal protagonista di Guardie e Ladri aveva imparato che il tempo gli avrebbe reso giustizia», osserva Enrico. «Papà è stato infatti vendicato dalla tv, dove i suoi film vengono continuamente trasmessi e risultano più attuali che mai».
FILONI
Sprezzante del pericolo, Steno faceva l’imitazione del Duce alla radio e coniò la definizione Telefoni bianchi per gli innocui film voluti dal fascismo. E negli anni Settanta, in un’Italia che cambiava gusti, abitudini e modo di ridere, inventò due generi destinati a inondare d’oro le casse del cinema: «Inaugurò il filone poliziottesco con il film La polizia ringrazia (firmato eccezionalmente con il suo vero nome) e il cinema di avventure con Piedone lo sbirro», raccontano i figli.
Un discorso a parte meritano gli attori: il regista di Un giorno in pretura non lavorò soltanto con Totò, Fabrizi, Albertone, Bud Spencer, Manfredi, Carotenuto, Loren, Mastroianni. Davanti alla sua cinepresa sfilarono anche Gloria Swanson e Brigitte Bardot, rispettivamente Agrippina e Poppea nella commedia-cult Mio figlio Nerone (l’imperatore incendiario era Sordi), Walter Pidgeon, Christopher Lee, Orson Welles (in L’uomo, la bestia, la virtù), Louis De Funès.
Sono ancora Carlo ed Enrico a ricordare un aneddoto significativo nella carriera di Steno: «Fu lui a suggerire a Sergio Leone, che voleva affidargli la regia di Un sacco bello, di mettere alla prova Verdone». I due fratelli rivelano anche un progetto sconosciuto: «Papà, che da segretario di redazione del Marc’Aurelio aveva assunto Fellini, era rimasto in contatto con lui. Alla fine della vita i due amici avevano deciso di girare insieme Le ciccione volanti, un film-fumetto ispirato alle strisce della rivista. Non hanno fatto in tempo, peccato».