Libero, 3 gennaio 2017
A Kabul stanno tornando i talebani
In Afghanistan stanno per tornare al comando quei Talebani che furono compagni di Osama Bin Laden e in testa alla lista dei nemici degli Stati Uniti dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. L’allarme viene lanciato dal leader del Partito Liberale Afghano, Ajmal Sohail, che spiega come la progressiva ritirata dei marines dal territorio e la perdita americana della supremazia aerea hanno aperto la strada al ritorno dei Talebani sempre più vicini all’area di Kabul anche grazie a una nuova rete di alleanze internazionali di cui è stata assai sottovalutata la portata. Eppure secondo Sohail questo nuovo corso era facilmente comprensibile da mesi. Almeno da quando in mano ai talebani era finito un elicottero di fabbricazione russa che trasportava ufficiali dei servizi segreti di Vladimir Putin, insieme a colleghi dell’Isi, il celebre servizio segreto Pakistano. Un’avaria a bordo aveva costretto a un atterraggio di fortuna, ma a lungo quell’elicottero e i suoi occupanti sono restati nella zona controllata dai talebani. Solo quando la notizia del volo segreto è trapelata su alcuni media dell’area, il mezzo e i suoi occupanti sono stati gentilmente restituiti al Pakistan dai mullah. Una decisione che avrebbe dovuto fare drizzare le antenne, perché evidentemente quel volo segreto aveva altri scopi, e anche quella presunta prigionia non era tale. Fu invece il primo segno del nuovo corso.
Come spiega Sohail diminuendo la propria presenza militare e quella della missione Nato sul territorio, gli Stati Uniti avevano un piano B che si sta rivelando fallimentare. L’idea era quella di sostituire alla forza militare, quella energetica per limitare la dipendenza dei paesi dell’area dalle forniture iraniane. L’obiettivo era quello di unire Asia centrale a quella meridionale e all’Europa proprio attraverso l’Afghanistan. Come? Costruendo un grande gasdotto fra Turkmenistan, Pakistan e India, e una filiera elettrica chiamata Casa 1000 per trasportare elettricità dall’Asia centrale a quella del Sud, costruendo parallelamente una sorta di nuova via della Seta per i commerci. L’obiettivo politico era quello di diminuire l’influenza politica sull’area di Russia e Cina, e isolare ogni mira iraniana, staccando da Teheran quel cordone ombelicale energetico oggi esistente.
È accaduto invece l’esatto contrario. Il nuovo leader talebano Haibatullah Akhundzada anche grazie all’alleanza con un altro leader islamico in esilio a Doha, il Mullah Tayeb Agha, ha messo in minoranza il Mullah Yacoub, figlio di quel Mullah Omar che affiancava Bin Laden, e ha convinto la sua gente alla necessità di allearsi con l’Iran. Quei movimenti sono stati colti in tempo dal nuovo capo dell’Isi pakistano, Naveed Mukhtar, stretto collaboratore del primo ministro Nawaz Sharif, e con questa copertura alle spalle l’Isi ha contattato i servizi russi e deciso di appoggiare in gran segreto questa svolta pro-Iran del nuovo corso talebano. La conseguenza è stata quella di un alleanza di fatto sul territorio afghano fra servizi iraniani, russi e pakistani in supporto della nuova leadership talebana. E quell’alleanza ha dato supporto logistico e militare all’offensiva di riconquista del territorio avviata nelle province di Ghazni e Maidan Wardak in modo da isolare Kabul dal Sud Afghanistan. Stessa operazione nelle settimane prima del Natale nella provincia di Laghman per tagliare il cordone ombelicale fra la capitale e le aree ad Est del paese. Altre truppe talebane hanno preso il controllo della provincia di Logar anche lì separando ogni comunicazione fra la capitale e l’area del Nord Est del Paese. Operazioni militari riuscite dopo anni, perché gli Usa non hanno più il controllo aereo del territorio. Secondo il leader del partito liberale in questa condizione, e senza un ritorno militare Usa il governo di Kabul non potrà che capitolare e la storia dell’Afghanistan tornare indietro di tre lustri.