La Stampa, 3 gennaio 2017
Tornare «Messi Guaranì». Iturbe, la riscossa si chiama Toro
Prima operazione chiusa. Juan Manuel Iturbe è un nuovo calciatore del Toro: sbarcato ieri sera, oggi l’aspetta per il primo allenamento Sinisa Mihajlovic, che gli riserverà un ruolo da protagonista in un attacco ancora più a tinte giallorosse dopo gli acquisti estivi di Adem Ljajic e Iago Falque. Il paraguaiano non sarà una riserva: il suo arrivo metterà pressione ai titolari e potrebbe riscrivere le gerarchie di un tridente in cui solo Belotti è intoccabile. E potrà fornire al tecnico anche nuove soluzioni di gioco per una squadra più veloce e potente, adesso sì completa (almeno per il reparto da gol) per l’assalto all’Europa League. Oggi Iturbe firmerà il nuovo contratto con il club granata, cui spetterà anche il pagamento di metà stipendio (1,2 milioni di euro): prestito fino a giugno con diritto di riscatto a 12,5 milioni.
Rilanciare un predestinato
Quando si allenava con l’Under 20 dell’Argentina, la sua seconda patria, era considerato «il primo degli umani». Dopo il marziano Leo Messi c’era Iturbe: mancino, rapido di piede e di testa, bravo anche nelle punizioni. Uno che nei primi anni della sua vita ha avuto poco o niente, cresciuto nel barrio più malfamato di Buenos Aires, Barracas, ma che dal calcio potrebbe (ancora) avere tutto. In Sudamerica lo considerano sempre un predestinato a diventare grande, a cominciare dal tecnico Pedro Troglio che a soli 16 anni lo fece debuttare nel Cerro Porteno. Per chi di campioni se ne intende, avendo da sempre a che fare con la flotta di talenti probabilmente più grande del pianeta, Iturbe è uno di quelli. Anche se l’etichetta pesante e la valutazione monstre finora hanno bloccato l’ascesa di un ragazzo che, poco più che 18enne, decise di attraversare l’oceano. Per cambiare vita: Porto-Verona-Roma, ma anche il ritorno in Argentina in prestito 5 mesi (al River Plate) e la fugace e disastrosa esperienza in Inghilterra al Bournemouth, 12 mesi fa.
Ascesa e declino
Come un libro aperto, sono tutte tatuate sul corpo di Iturbe le tappe della sua vita, ma solo nella sua testa risiedono i motivi della mancata esplosione. Nella stagione 2014-’15 sembrava imminente, sull’onda della stagione all’Hellas: 8 gol, 5 assist e l’Europa intera che con 3 anni di ritardo si accorgeva del «Messi Guaranì». Per oltre 25 milioni la spuntò la Roma sulla Juve, ma la favola finì presto, nonostante un inizio promettente con 1 gol e 2 assist nella prima sfida Champions contro il Cska. Per Rudi Garcia, che già doveva coprire l’anarchico Gervinho, Iturbe era di troppo e lo faceva giocare spalle alla porta, cioè non proprio nella sua posizione preferita. Per Spalletti invece era un fenomeno solo in settimana, cioè durante il lavoro a Trigoria. Ora tocca al Toro vincere l’ennesima scommessa