Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  dicembre 05 Lunedì calendario

La parabola di Lufthansa. Ora teme la fine di Alitalia

Quattromilaquattrocentosessantuno voli cancellati e 525 mila passeggeri lasciati a terra in sei giorni. Sono numeri da record quelli dello sciopero dei piloti Lufthansa, ultimo atto di un muro contro muro che va avanti dall’aprile del 2014 ed è già costato all’azienda guidata dall’ex pilota Carsten Spohr 550 milioni di euro, di cui 100 solo quest’anno. I numeri, da soli, non bastano però a decifrare il senso di quello che sta avvenendo alla prima compagnia aerea europea. Il danno più profondo rischia di non essere economico, bensì d’immagine.
Michael Gierse, che in qualità di fund manager di Union Investment – uno dei maggiori azionisti di Lufthansa – segue da anni le vicende del gruppo di Francoforte, non ci gira intorno: «La buona reputazione di Lufthansa viene rovinata dagli scioperi». Il problema, spiega, è che caratteristiche come la puntualità e l’affidabilità, messe ora in discussione dal quattordicesimo sciopero dei piloti in due anni e mezzo, valgono per tutta la Germania. «Il primo shock è stato quello di Volkswagen: la gente non pensava che una cosa del genere fosse possibile qui da noi. Ora è Lufthansa a gettare un’ombra su tutto il Paese».
Per capirlo basta ascoltare le parole confidate alla Bild dal numero uno di Siemens, Joe Kaeser: «Gli scioperi dei piloti danneggiano sempre più anche l’economia tedesca e il “Marchio Germania”, che è sinonimo di affidabilità e qualità». “Affidabilità” e “qualità”: due caratteristiche che hanno da sempre costituito, insieme alla puntualità e alla sicurezza, i punti di forza della compagnia della gru, nata novant’anni fa, “rinata” nel 1955 per segnare una frattura netta col periodo nazista e diventata negli anni Cinquanta e Sessanta, al pari del Maggiolino Volkswagen, un simbolo del miracolo economico tedesco. Uno di quei pilastri su cui poggia il mito Lufthansa – la sicurezza – è stato duramente scosso l’anno scorso dalla peggiore catastrofe nella sua storia, i 150 morti del volo 9525 della controllata Germanwings. Uno choc non ancora superato.
Oggi Lufthansa si trova ad affrontare una lunga serie di sfide. I risultati economici continuano a dare ragione a Spohr: nel 2015 i passeggeri sono aumentati dell’1,6% a quasi 108 milioni e l’utile è salito del 55% a 1,8 miliardi di euro. E anche dall’ultimo trimestre di quest’anno sono arrivati segnali positivi. Tuttavia, chiarisce Gierse, lo sciopero dei piloti arriva in un momento sfavorevole, in quanto devia l’attenzione dai veri problemi della società, a partire dalla sfida lanciata dalle low cost. Su questo «vedo dei parallelismi con Alitalia», nota l’analista: a quasi vent’anni dalla sua completa privatizzazione, nel 1997, Lufthansa rischia cioè di conoscere lo stesso destino della compagnia di bandiera italiana, superata in patria da Ryanair e Easyjet.
Finora in Germania le low cost non sono riuscite a diffondersi in modo capillare come avvenuto altrove, in quanto le aviolinee tedesche hanno cercato di impedirlo, bloccando gli aeroporti principali con la creazione di proprie low cost, da Germanwings (concentrata su Colonia e Stoccarda), a Tuifly (Hannover) fino ad Air Berlin (Düsseldorf, Berlino, Amburgo e Monaco). Il sistema, ragiona Gierse, sta ora implodendo a causa dei problemi di Air Berlin e della nuova strategia di Ryanair, che vede nella Germania il suo principale mercato di crescita e un mese fa ha annunciato per la prima volta dei voli da Francoforte, finora hub indiscusso di Lufthansa. La quale, ragiona l’esperto, è organizzata in modo troppo complesso e ha costi troppo elevati per competere con Easyjet e tanto più con Ryanair, per cui dovrebbe abbandonare i voli a corto raggio, cedendoli alla controllata Eurowings e concentrarsi solo su quelli a lungo raggio, puntando su una strategia premium.
Su questo fronte è però incalzata dalle compagnie arabe, nonché da Turkish Airlines. Il problema principale di Spohr, secondo Gierse, sono gli errori commessi dai suoi predecessori: Wolfgang Mayrhuber, l’artefice dell’acquisizione di Swiss e Austrian e dell’ingresso in Brussels Airlines, ha ad esempio ignorato le compagnie arabe. Per Lufthansa si tratta di uno snodo cruciale. Gierse dice che sopravviverà come compagnia indipendente. «Ma se non risolverà i suoi problemi si ritroverà in una situazione molto più debole di oggi: non ci giurerei che finirà come Alitalia, ma ci sono tendenze in quella direzione».