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 2016  dicembre 05 Lunedì calendario

Ceravolo, il gol è un capolavoro. «I miei quadri sognando Warhol»

Pennellate d’autore, in campo e fuori. Il calciatore prestato all’arte – o l’artista prestato al calcio: punti di vista si chiama Fabio Ceravolo, 29 anni, calabrese di Locri, professione attaccante. È uno dei leader del sorprendente Benevento, matricola assoluta in B che stasera, contro il Cesena, gioca per il terzo posto. Al fischio finale, Ceravolo sta lontano dalle discoteche, dalla playstation e altre diavolerie tecnologiche. La sua vera amica, forse anche la sua confidente, è la tela: con la tavolozza trasferisce nei quadri i suoi pensieri, le sue idee. «Ma devi avere la mente completamente libera per sprigionare la tua creatività – racconta – non a caso è nato tutto negli ultimi anni: quando giocavo a Terni ho raggiunto una certa stabilità, così ho ripreso un talento che avevo sin da piccolo e l’ho fatto diventare un hobby. Quando ho tempo, dipingo. E noi calciatori ne abbiamo, di tempo: siamo privilegiati anche in questo».
Un attaccante parla con i gol, dicono, lui ne ha segnati 5. Ma ci sono altri modi per comunicare, e l’arte, per Ceravolo, è anche questo: «Dipingere mi rilassa. È un modo per esprimere quel che ho dentro. E io sono appassionato anche di interior design: vuoi mettere un appartamento ravvivato da quadri e tele?». Il suo ne ha già una ventina, tutti firmati Ceravolo. «Li faccio per me, qualche volta li regalo. A Terni un amico appassionato di arte volle esporne qualcuno nella sua galleria: fu un successo. In tanti mi chiesero altri quadri: non so se perché conquistati dalla mia arte o, piuttosto, perché tifosi sfegatati». Il suo modello è Andy Warhol: «Nessuna velleità, per carità. Però mi ispiro alla pop art».
Dalle sue mani prendono vita dipinti che virano verso il collage: ci sono Topolino e Flash, persino le Coca Cola. «In uno ho omaggiato la Sega Master System, frammento della mia infanzia. Perché nelle mie opere mi piace individuare un’icona, in grado di evocare sensazioni forti anche in chi le vede: del resto, chi non ha amato Topolino?».
Lui, Ceravolo, l’ha amato eccome: leggeva fumetti e pensava di assecondare la vena artistica, il liceo artistico era più che un’idea. «E i miei genitori avevano notato la mia passione. Poi, però, abbiamo optato per l’istituto commerciale. E il calcio ha preso il sopravvento: certi meccanismi, almeno all’inizio, ti impediscono di coltivare passioni e talenti». Una carriera di alti (ha giocato anche nell’Atalanta di Antonio Conte) e bassi, fino alla piena maturità calcistica, che ha ispirato il rinascimento artistico (suo, s’intende). «Il merito è anche dell’artista Giampiero Malgioglio, che a Terni ha intuito la mia passione e mi ha invitato nel suo studio. E a me, che ero completamente autodidatta, ha insegnato alcune tecniche di base». Su Facebook e Instagram le foto delle opere raccolgono consensi. Il presidente del Benevento, Oreste Vigorito, oltre ai gol, gli ha chiesto una tela. «Mi devo mettere di impegno, stavolta. Una, alla quale ero molto legato, la regalai a mister Breda. La Serie A? Per ora non fissiamo obiettivi, ma se nelle ultime tre giornate ci troviamo ancora lì...».
Padre elettricista, mamma casalinga, una sorella che studia filosofia a Milano, Ceravolo colleziona vinili, a casa oltre ai quadri ha un vecchio juke-box. Non si considera una mosca bianca. «Chi scopre questa mia passione per la pittura all’inizio ci resta di stucco. Ma credo sia soprattutto un cliché quello del calciatore che non coltiva interessi culturalmente rilevanti. I complimenti fanno piacere, ma io dipingo soprattutto per esprimermi. E quando smetterò di giocare, non escludo di lavorare nel mondo dell’arte. Non penso di restare nel calcio, non offre stabilità». Prima, continuerà ad alternare gol e pennellate. Talvolta, il confine sembra persino labile.