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 2016  dicembre 05 Lunedì calendario

Quadri, ceneri e mille trofei: nella casa di Silvio

Dura un’ora e quaranta minuti. Ma vale davvero la pena vederlo. “My Way”, il docufilm che Alan Friedman ha realizzato sulla vita di Silvio Berlusconi preparando il libro uscito nel 2015. Molti degli episodi del film ovviamente erano raccontati in quel volume, ma vedere dal vivo il Cavaliere che illustra la sua vita e fa il Cicerone nelle 72 stanze di villa San Martino ad Arcore, è un’altra cosa. Ora il film è disponibile sulla piattaforma Netflix, ed è vedibile su tv, computer e tablet. Noi l’abbiamo visto per voi. Ecco i passaggi che valgono la pena.
La villa. Silvio
inizia il tour della
sua casa-castello
di Arcore dalla
cappella di fami-
glia: «Questa è la
Chiesa... (Berlu-
sconi indica le ur-
ne con le ceneri
di suo padre e
sua madre) Mi
sembra di stare
ancora insieme
a loro... E qua ho le ceneri di mia sorella, della mia sorellina e della sua bambina che sono morte adesso.... Erano lì in centro sull’altare... Adesso hanno messo questo presepe senza dirmelo, ma io le rimetto qui e sto preparando lassù (su una parete della Chiesa) una cosa che possa metterle in vista al centro».
 
Niente Veronica. Berlusconi percorre poi un corridoio che porta alle sale con le sue opere d’arte. Mentre cammina si sente abbaiare, e lui si infastidisce: «Nooo, ho detto i cani di tenerli di là, per favore!». Apre un cancello che porta a una sala-caveau e fa da Cicerone: «Qui abbiamo una raccolta di quadri del ’500. Questo qua è famoso... È un autoritratto di Rembrandt. Molto bello. Questo anche... è un Tiziano.... E questo è famosissimo. Per molto tempo era stato attribuito a Raffaello. E invece poi è stato declassato alla scuola di Raffaello. È su legno, è mirabile. Molto bello. È assolutamente raffaelliano». Berlusconi accompagna Friedman nella parte superiore di villa San Martino, che ha ristrutturato per farlo diventare il suo quartiere generale. Dietro un arco di acciaio si apre il suo studio con libri e ricordi sparsi ovunque. Su una parete ha tutti i trofei vinti dalle cinque squadre che ha posseduto (hockey, rugby, pallavolo, baseball e calcio). Su un tavolo i principali trofei vinti, poi al secondo livello superiore i trofei del Milan e qualche statua che sembra romana accatastata lì: «Sono i reperti che mi ha regalato Gheddafi».
Poi scende e fa vedere premi e regali che gli sono arrivati nella sua vita imprenditoriale e politica. Gli sta molto a cuore un attestato del congresso americano con le due bandiere: «Quando parlai davanti a loro mi dicono che ho stabilito il record di standing ovation», spiega a Friedman facendo un po’ il ganassa. Altro dono che gli sta molto a cuore è un televisore in radica: «Mi è stato regalato dalla Regina di Inghilterra, ed è un televisore del 1936, anno in cui sono nato io. Allora la tv c’era solo in Gran Bretagna».
 
La stanza dei premi. Non ci sono foto di Veronica in bella vista in casa, e lui non ne parla mai nel docu-film di Friedman. Cosa che invece fa della prima moglie, Carla Dall’Olio, sposata nel 1960. Berlusconi si dilunga anche sull’incontro che fece scattare la scintilla. Fu alla stazione centrale di Milano, dove entrambi avevano accompagnato qualcuno che partiva in treno: «Improvvisamente vidi davanti a me una silhouette molto graziosa di una ragazza. Pensai: “Siamo due soli. Può darsi che ci possiamo fare compagnia”. Ci pensai un minuto. Poi uscii dalla stazione centrale e me la vidi ancora di fronte che stava camminando e la apprezzai ulteriormente. Andai a prendere l’automobile, e passai davanti a una fermata della circolare milanese. E ancora lei lì, con la sua silhouette a dirmi “Prendimi, prendimi!”». Friedman racconta: «Quando chiesi a Berlusconi cosa cercava in una donna, non fu certo timido...”. E in effetti ecco Silvio spiegare: «Innanzitutto ti deve piacere molto. Deve essere bella. E deve essere oggetto di desiderio. Io non credo di essere mai andato a nanna con una delle mie mogli nel momento in cui ci amavamo tanto senza desiderarla e senza fare l’amore...».
Il leader di Forza Italia conduce allora Friedman nelle stanze dei premi che gli hanno assegnato: «Sono un migliaio». Ne fa vedere orgoglioso qualcuno, poi ne cerca altri. Ma non li trova: «Strano ci sono delle cose che... Me le hanno rubate da qualche parte. Sa, ne ho altre 5 di stanze così...». Continua il tour: una stanza con i quadri dipinti da suoi elettori-fan che gli mandano in continuazione: «Queste qua sono tutte cose che ci mandano. Ci sono 300 quadri che mi raffigurano. Voglio fare un giorno una mostra. Guarda questo, questo il Superman... No, questo non farlo (si vede una donna nuda di spalle con il culo in primo piano...)...». «Ho 8 stanze così...». «Ecco, anche questo non lo fate... (si vede un quadro di Benito Mussolini, e si sente la voce di Debora Bergamini che avverte “no, questo in Italia non si può fare...”)...sa, me l’hanno regalato...».
 
L’infanzia del Cav. Il Cavaliere si siede in giardino con Friedman e inizia a raccontare la sua infanzia. Cominciando dalla scuola: «A scuola non ero molto ben visto come tutti i ragazzi sfollati. E in particolare c’era un ragazzo prepotente che mi combinava delle sgarberie continuative. Succede un giorno di giugno che c’è un terribile temporale, un acquazzone estivo importante. Tutta la scuola era lì presente e lui mi apostrofò ancora in malo modo. Allora io per la prima volta reagii, gli afferrai la testa mettendogliela nel torrente che gliela copriva tutta e dicendogli: “Non me lo dici più, non me lo dici più!. Chi è il capo?” E lui: “Sei tu”. E l’ho liberato. Da quel momento sono stato segnato come leader per tutta la mia vita».
 
L’accoglienza. Poi il tempo passato già ragazzo dai salesiani: «Servivo messa, poi passai a suonare l’organo e poi mi specializzai nei discorsi di accoglienza. Quando arrivavano degli ospiti importanti, un vescovo, un cardinale, un prefetto, ero io l’oratore ufficiale». Friedman ride e gli dice: «Adesso c’è un Papa che è un gran comunicatore come lei, e svolge un ruolo...», Berlusconi lo interrompe: «... Come avrei fatto io, sì. Sa, mi hanno detto che abbiamo la stessa età io e Papa Francesco. Io ho replicato: “Sì, ma io gli anni li porto meglio...”».
Cambio di scena, Berlusconi accompagna Friedman a Milanello, e lo porta fin dentro lo spogliatoio dei giocatori. Loro gli hanno preparato un regalo di compleanno. Lui li saluta uno ad uno. Si ferma un po’ di più con Fernando Torres appena aggregato alla squadra e gli chiede se la casa trovata era di suo gusto, come stavano moglie e bambini e se si era ormai ambientato. Poi commenta le ultime due partite viste: «Avete sviluppato un gioco armonioso da grande squadra. Ho visto che fate abbastanza bene il corner. Ma vi ricordo che dovete entrare tutti quanti in area quando la palla è già partita o quasi, in modo che la reazione istintiva dei difensori che non possono guardare a voi e alla palla è quella di ostacolarvi direttamente davanti. Io ho preso molti rigori con questo sistema. Bisogna metterlo a punto bene...».
Uscendo si ferma da Honda: «Complimentissimi per tutti i goal e per tutto il resto. Bravo, bravo, bravo!». Ma l’ultimo saluto è per Sulley Muntari: «Quando è che mi presenti tua moglie? Eh, eh... No.. solo per vederla, sai... io sono vecchio... non ce la farei... Però mi piacerebbe... Perché tutti dicono che è la più bella, eh...?».
In effetti la moglie di Muntari, Menaye Donkor, è una ex miss Universo, ed è stata eletta nel 2014 la più bella wags africana... Muntari però sembrava assai preoccupato più che divertito di quella richiesta del suo presidente...

Poi Berlusconi a casa spiega alla troupe: «Io voglio fare una squadra come ai primi tempi. La voglio di italiani, giovani, affamati di soldi e di gloria, senza tatuaggi e senza piercing (lui lo chiama pérsing) nell’orecchio. L’unico punto dove gli consento di fare il “pérsing” è sul pisello...».
 
Bunga Bunga. Ritorno ad Arcore, e non poteva mancare la visita nella stanza più chiacchierata. La propone lo stesso Berlusconi: «E adesso le faccio vedere questa sala cult del famoso BungaBunga. Ha il coraggio? Allora andiamo...». Luci spente, il Cavaliere le accende come per svelare una grande sorpresa. Friedman si aspetta la discotechina raccontata da Ruby Rubacuori ai processi, con il palo della lap-dance dove si esibivano le ragazze vestite da suora, da infermiera o da Ilda Boccassini. Ma è una fregatura: quella che si apre è solo una grande sala da pranzo: «Qua», assicura Berlusconi, «si svolgevano le serate. Io mi mettevo lì, l’orchestra era lassù. È una tavola addobbata come era allora. Non c’è nulla di cambiato... In quelle occasioni c’era stata una particolare presenza di belle ragazze. E poi io credo di essere se mi consente abbastanza divertente... Abbastanza anomalo come primo ministro...».