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 1999  ottobre 25 Lunedì calendario

Sabato scorso il Tribunale di Palermo, quinta sezione, visto l’art

• Sabato scorso il Tribunale di Palermo, quinta sezione, visto l’art. 530, comma secondo, codice procedura penale, ha assolto Giulio Andreotti (imputato ”per mafia”) perché «il fatto non sussiste». La pubblica accusa era sostenuta dai magistrati Guido Lo Forte e Roberto Scarpinato: Lo Forte è considerato la mente, Scarpinato, già segretario del Csm, ha analizzato a fondo gli aspetti sociali di Cosa Nostra. La richiesta di autorizzazione a procedere per Andreotti fu firmata nel ’93 dall’allora procuratore capo Giancarlo Caselli. Il dibattimento iniziò sei anni e mezzo fa, nel marzo 1993, con l’avviso di garanzia ad Andreotti, le indagini partirono per le confessioni di alcuni pentiti. La richiesta di rinvio a giudizio fu accolta il 2 marzo del 1995, il 26 settembre dello stesso anno iniziò il processo. Il 12 dicembre 1996 la rivelazione di Di Maggio sul ”bacio” tra Riina e Andreotti.
• Tutto cominciò con un mafioso che in carcere aveva raccolto le confidenze del compagno di cella. Attilio Bolzoni sulla ”Repubblica” di sabato: «Tutto cominciò con un mafioso che in carcere aveva raccolto le confidenze del compagno di cella, quello che aveva sentito parlare di una ”punciuta” molto eccellente. In quegli anni, tra alcuni boss siciliani si raccontava che uno degli affiliati di Cosa Nostra era proprio lui, l’uomo che per sette volte era stato presidente del Consiglio e per altre ventuno ministro della Repubblica. Quelle chiacchiere restarono chiacchiere, ma subito dopo le stragi dell’estate 1992 ci furono altri mafiosi che furono un po’ meno vaghi e un po’ meno fantasiosi: parlavano di processi aggiustati, di omicidi politici, di inchieste pilotate. Soprattutto, parlavano di un patto di potere. Fu in quel momento che, a Palermo, si aprì l’indagine contro Giulio Andreotti. Il 27 marzo del 1993, a tarda sera, fu lo stesso senatore a vita a informare la stampa di avere ricevuto ”brutte notizie” dalla Sicilia».
• Secondo l’accusa del processo di Palermo, tra Andreotti e Cosa Nostra fu stipulato un ”patto di potere” col quale «la mafia avrebbe accresciuto per quasi vent’anni la propria capacità criminale» (per questo ha chiesto 15 anni di carcere). In particolare, tra il 1979 ed il 1987 Andreotti si sarebbe recato più volte in Sicilia, in forma riservata, per incontrare i mafiosi. Gli esattori Nino e Ignazio Salvo sarebbero stati i ”polmoni finanziari” della corrente andreottiana (Di Maggio sostiene che il bacio Andreotti-Riina avvenne proprio nell’attico palermitano di Ignazio). Francesco Marino Mannoia dice di aver assistito all’incontro tra Andreotti e Stefano Bontate per discutere del tradimento di Piersanti Mattarella (poi assassinato). Il barman Vito Di Maggio dice di aver visto Andreotti incontrare il boss Nitto Santapaola. Per l’imprenditore Benny D’Agostino il boss Michele Greco avrebbe visto anteprime di film insieme all’ex senatore a vita; il trafficante-falsario Federico Corniglia dice d’averlo visto con Frank Coppola; Marino Mannoia e Angelo Siino parlano di un incontro con i boss in una tenuta di caccia del Messinese. L’accusa sostiene che Andreotti avrebbe fatto pressioni sui giudici della Cassazione per garantire l’impunità ai padrini.
• Giulia Bongiorno, 33 anni, avvocato, ha trascorso mesi e mesi tra Perugia e Palermo sepolta da un milione di pagine di atti processuali: «La mole della carta è immensa [...] ma se si va a guardare dentro si scopre che è vuota: non solo non vi si trova neanche uno straccetto di prova, ma ci si imbatte persino nella divergenza del molteplice». Che cosa significa divergenza del molteplice? «Lei sa che la Cassazione ha stabilito che in mancanza di riscontri le testimonianze concordanti di due pentiti costituiscono prova e ciò viene chiamata concordanza del molteplice. Ebbene, nel processo Andreotti, sull’unico fatto concreto che l’accusa attribuisce al senatore a vita - cioè il suo presunto interessamento nel processo Rimi - i pentiti che ne hanno parlato non concordano affatto. Ognuno racconta una cosa diversa o situa questo episodio che non ha alcun riscontro in anni differenti smentendo gli altri» [...] Ci sono però due pentiti, Mannoia e Siino, che concordano nel dire che il senatore si è incontrato con Stefano Bontate nella sua tenuta di campagna. «Sì, loro concordano. Ma noi abbiamo dimostrato che nei giorni da loro indicati per l’incontro, Andreotti era prima in Urss, poi in Giappone e infine a gestire una crisi di governo come presidente incaricato».
• Il giudice che ha assolto Andreotti a Palermo ha fama di integerrimo e inflessibile. Francesco Ingargiola, 64 anni, primo magistrato a condannare Luciano Liggio, ha trascorso la carriera prevalentemente nel penale. Ha condannato, tra gli altri, l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino e l’ex ”ministro dei lavori pubblici” di Cosa Nostra Angelo Siino. Francesco La Licata, esperto di Mafia della ”Stampa”: «Questo tribunale in passato ha dato ampia dimostrazione di severità nei confronti del fenomeno mafioso. Siccome non c’è motivo di dubitare dell’imparzialità di questo Tribunale, bisogna concludere che dentro questo processo non si sono potute trovare le prove della grave accusa mossa al senatore Andreotti. La complessità del processo è dimostrata dalla sentenza che fa riferimento all’art. 530, II comma (insussistenza di prove e contraddittorietà delle stesse). In sostanza, si tratta di insufficienza di prove».
• Mani avanti. Gianfranco Pasquino sull’’Unità” di sabato: «Prima che esploda un ingiustificato giubilo e che si scatenino inutili rancori, è opportuno chiarire chi non è imputato a Palermo [...] A Palermo, non è imputato l’ex Procuratore Generale della Repubblica, Giancarlo Caselli: il verdetto non sarà né una sua sconfitta personale né una sua vittoria: rifletterà soltanto la libera valutazione delle prove ad opera dei giudici». Giuseppe D’Avanzo sul ”Corriere della Sera” del 26 settembre: «Era irragionevole il processo contro Giulio Andreotti? Forse è questa la domanda che bisogna porsi in queste prime ore. C’erano sufficienti ragioni (indizi) per sottoporre all’esame della macchina ”retrospettiva”, che è il processo, un uomo sette volte presidente del Consiglio? Se qualcuno racconta di aver visto asini in volo nel cielo di Roma, nessuno gli crede. Ma non era di un materiale narrativo di questa grana che doveva rispondere Giulio Andreotti [...] Apparivano sufficienti vestigia per la verifica di un giudizio processuale. Perché, in fondo, questo è il compito di un processo: proporre un’ipotesi di che cosa è avvenuto e di chi l’abbia causato. Il pubblico ministero ha formulato la sua ipotesi [...] La difesa ha obiettato e dimostrato che non c’era una sola prova [...] Cancellata una responsabilità penale, il senatore ha il diritto di tirare un sospiro di sollievo. Ma, noi tutti, davvero possiamo tirarlo con lui fino a dirci contenti? [...] Quando, al di là delle responsabilià penali, si potrà finalmente discutere pubblicamente delle responsabilità politiche di Giulio Andreotti? O l’opacità dei suoi comportamenti e relazioni sarà cancellata da questa sentenza di assoluzione?».
• I processi di Perugia (24 settembre, assoluzione dall’accusa di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Mino Pecorelli), e Palermo (23 ottobre, assoluzione dalle accuse per mafia) presentano una comune riscotruzione della presunta ”mafiosità” dell’ex capo del governo. In teoria si sarebbe potuto fare un solo processo, ciò non è avvenuto per ragioni tecnico giuridiche: quando a Palermo si arrivò in aula, a Perugia si era ancora nella fase delle indagini preliminari e la richiesta della difesa di spostare tutto davanti alla corte umbra fu respinta. Il contesto è comunque lo stesso: sarebbe stato grazie alla presunta paramafiosità di Andreotti, dice Tommaso Buscetta, che sarebbe maturata la decisione dei cugini Salvo di fare un favore a zio Giulio eliminando il giornalista scomodo che aveva osato ricattarlo.
• Giorgio Bocca sulla ”Repubblica” del 25 settembre, dopo l’assoluzione di Andreotti al processo di Perugia: «Ora naturalmente si dirà che l’assoluzione di Andreotti e amici ha fatto chiarezza sui rapporti fra politica e malavita organizzata e messo fine alla ”congiura di giudici e politici contro la Dc e i suoi leader più controversi e illustri”. [...] Il revisionismo storico che la destra sta già cavalcando, cioè spacciare la crisi della partitocrazia e del suo malgoverno come un’invenzione del ”partito delle manette”, dire o far dire che l’assoluzione di Andreotti è una rivincita dello Stato di diritto contro i forcaioli della ”giustizia ingiusta” sarà propaganda abituale [...] Per quanto scettici sulla natura umana non crediamo che eminenti cardinali, illustri ministri, famosi imprenditori abbiano veramente sperato nell’assoluzione dell’Andreotti innocente, abbiano veramente pensato e pensino che in lui difendevano un uomo probo e degno di plauso».
• Sergio Romano su ”liberal” di questa settimana: «Quale sarebbe stata la reazione dei nostri partner in Europa e dell’opinione pubblica internazionale se il tribunale di Perugia avesse condannato Andreotti per il delitto Pecorelli? [...] L’assoluzione di Andreotti mi ha tolto d’imbarazzo. Alla domanda di un giornalista, che mi chiedeva con quali reazioni avessi accolto la sentenza, ho risposto: ”Con un sospiro di sollievo” [...] Non credo, guardandomi attorno, che sia stato condiviso da una parte della società italiana, soprattutto a sinistra. Dietro le solite dichiarazioni liturgiche sulla necessità di rispettare i giudici e le sentenze, leggo malumore e disappunto [...] Esiste in Italia una sinistra massimalista che non ha alcun senso dello Stato e alcuna idea della complessità dei rapporti internazionali. Sommariamente ideologica e dottrinaria, questa sinistra è convinta che il capitalismo è ”rapace”, che il potere è ”mafioso”, che gli apparati dello Stato sono inquinati dai servizi ”deviati” e che l’unica salvezza possibile è un ribaltamento rivoluzionario. Quando il comunismo e l’Unione Sovietica, fra il 1989 e il 1991, esalarono il loro ultimo respiro, questa sinistra ha investito ogni sua speranza sulla ”via giudiziaria al socialismo”. Il pensiero che Andreotti fosse innocente non le è mai passato per la mente. [...] Temo che questa sinistra velleitaria e irresponsabile non sia soltanto una frangia marginale della società politica. E credo che i Ds non abbiano perso l’abitudine di lusingarla e corteggiarla».