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 2016  ottobre 24 Lunedì calendario

La sfida di Xi Jinping alla vecchia guardia, ora il nuovo Mao vuole il potere infinito

PECHINO Chiamatelo Xi Factor. Xi Jinping, il presidente della Repubblica Popolare e segretario generale del Partito comunista, vuole governare in eterno o giù di lì: come Mao Zedong.
È vero, Xi ha già in canna la rielezione a presidente dell’anno prossimo, e la Costituzione vieta un terzo mandato: ma il nuovo Mao guarda già oltre. L’erede del Grande Timoniere sta cercando di restare appunto al timone facendosi rieleggere per la terza volta alla testa del partito. Che in realtà è il ruolo più potente della Cina: più ancora dell’onorifico presidente. E la sfida parte proprio oggi, 24 ottobre, apertura del sesto plenum. A rompere gli indugi è stato il mensile del Quotidiano del Popolo: il partito avrebbe bisogno davvero di un nuovo Mao e il segretario-presidente ha tutte le qualità per farlo, anzi dovremmo ormai deciderci a considerarlo «il pilastro della nostra leadership».
Siamo già al culto della personalità? Non è l’unico segnale. Nella celebrazione per gli 80 anni della Lunga Marcia, festeggiata l’altro ieri in tv perfino durante il The Voice cinese, cominciato con lo sventolio di bandiere rosse, il comandante Xi l’ha detto chiaro e tondo: «Anche oggi ci aspetta una Lunga Marcia: per rafforzare la disciplina e la leadership del partito» – cioè lui stesso. È un piano perfetto: e semplicissimo. Mister Xi, l’ex ragazzo che si vide estromesso dal partito perché figlio di un dirigente travolto dalla Rivoluzione Culturale, oggi vuole solo prendere tempo: per uscire dal congresso del prossimo anno senza veri eredi, tenendo dunque aperta la porta per la terza consacrazione.
E qui ci starebbe un brevissimo riassunto di catechismo per i non adepti. Dunque, negli equilibrismi cardinalizi dell’ultima grande chiesa comunista, il plenum che apre oggi è la cappella dove gli sfidanti rivelano i voti che porteranno al conclave dell’anno prossimo, che come da tradizione consacrerà il secondo mandato del papa laico: nessun leader dopo Mao ha governato meno di due turni, 10 anni in tutto, è sempre andata così. Ma secondo le regole della curia rossa, il congresso dovrebbe anche individuare un successore, nel segno della continuità e della stabilità della chiesa-partito. Ecco: è proprio questo – far emergere un volto nuovo – che Xi non vuole. Ma che cosa lo spinge, oltre alla sete di potere? E soprattutto: che speranze concrete ha?
«Il momento è adesso», dice al Financial Times Bo Zhiyue, esperto di politica cinese alla Victoria University di Wellington. Anche perché dopo potrebbe essere già tardi. Sì, Xi è più forte che mai: ma il Paese? Gli americani si permettono di fargli passare la Settima flotta sotto il naso, Hong Kong sta per scegliere il primo leader eletto da un parlamentino dove gli anti- Pechino vanno a mille. Poi, certo, c’è sempre la Corea del Nord che gioca con l’atomica, e dal Tibet allo Xinjiang i focolai delle minoranze rischiano di trasformarsi in incendio inestinguibile. E per quanto ancora la Grande Muraglia della censura web riuscirà a isolare la Cina dal mondo?
Ma è soprattutto l’economia a preoccupare, con la crescita del Pil inchiodata al 6.5%. Insomma, il lavoro è appena cominciato: e ha bisogno di una strategia di lungo corso. Del resto non lo diceva proprio Mao Zedong? «Grande è il caso sotto il cielo: quindi la situazione è favorevole».La situazione a lui favorevole il nuovo Mao l’aveva già costruita sbandierando la campagna anti-corruzione, celebrata questa settimana perfino da un serial tv, che gli aveva permesso di liberarsi dei suoi nemici più pericolosi, in testa l’ex astro Bo Xilai, finito in prigione.
Ma per una straordinaria coincidenza, l’uomo che presiede tutti i comitati che contano e per questo è soprannominato “il Presidente di Tutto”, si ritrova oggi nell’inedita posizione di chi può ridisegnarsi un gruppo dirigente a sua immagine e somiglianza.
La magia si chiama “qishang baxia”, che tradotto sarebbe “7 dentro, 8 fuori”, ed è un’altra delle regole non scritte secondo cui nel Politburo, il parlamentino comunista, e soprattutto nel Comitato permanente, cioè nel sancta sanctorum composto da soli 7 potentissimi, chi ha 67 anni o meno può restare, chi 68 deve scendere dall’altare. Ora, l’anno prossimo ben 5 cardinaloni sloggeranno. E indovinate chi sono gli unici due a non andare in pensione? Lui, Xi Jinping, 63 anni. E poi Li Keqiang, 61, l’attuale premier che in realtà era – e un po’ è rimasto – suo rivale.
Come finirà? L’ha detto lo stesso Xi in una delle sue rarissime interviste: «Non è facile governare un Paese come questo. Devi riuscire a guardarlo da una certa altezza e nello stesso tempo a tenere i piedi ben piantati per terra».
Chiamatelo Xi Factor: vedremo da oggi se l’uomo più potente dai tempi di Mao sta davvero salendo sempre più alto, i piedi sempre meglio piantati sulla sua Cina.