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 2016  ottobre 23 Domenica calendario

I figli ingrati dei potenti italiani

Il cognome paterno preferisce usarlo il meno possibile, presentandosi come «Veronica di Campagne in lotta». Che fa inevitabilmente un po’ “Vicky di Casapound”, ma che almeno consente di evitare l’imbarazzo maggiore di declinare le generalità complete. Che recitano Padoan Veronica, figlia di Pier Carlo. 
Ora, già avere una figlia no global non è il massimo per nessuno. Se poi sei un economista internazionale e sei diventato addirittura ministro del Tesoro, da spiacevole e basta la cosa assume quasi i contorni del problema politico. Eppure, tanto tocca al titolare di via XX settembre che come se i grattacapi relativi alla manovra non bastassero deve anche fare i conti con l’esuberanza della prole militante e impegnata. Succede l’altro giorno a Foggia, dove un corteo di immigrati ed attivisti attraversa il centro cittadino per protestare contro caporalato, sfruttamento e soperchierie assortite. Alla testa della manifestazione lei, Veronica, che della Rete campagne in lotta che organizza il tutto è una delle figure più in vista. Non è la prima volta che la ragazza fa parlare di sé da quelle parti. Il precedente risale al luglio scorso, quando la nostra si era messa davanti alla locale Prefettura per fare la posta nientemeno che al Guardasigilli Andrea Orlando, arrivato in città per prendere parte ad un vertice sullo sfruttamento degli immigrati. E per trovare ad attenderlo Veronica e una dozzina di compari armati di megafoni e striscioni. La circostanza invero curiosa della figlia di un ministro che va in piazza a contestare un collega di papà vale alla giovane la notorietà, con tanto di interviste e foto sui giornali. 
Che la nostra sia un’attivista con tutti i crismi è fuori di discussione: ricercatrice alla Ires-Cgil, una breve parentesi da collaboratore dell’assessorato al Commercio durante la giunta romana di Ignazio Marino, un’infinità di scritti e pubblicazioni di argomento principalmente migratorio (non mancano alcuni interessanti cortocircuiti, come la volta in cui un suo scritto di fuoco circa la scandalosa situazione dei diritti per gli immigrati in Italia finisce sulla rivista della dalemianissima fondazione Italianieuropei, incidentalmente diretta dal padre). Soprattutto, non mancano i capisaldi del vero antagonista del ventunesimo secolo, primo fra tutti quell’irrinunciabile anti-israelismo di prammatica (con tanto di immaginette con la Stella di David sbarrata e la scritta “Boycott Israel” fatte girare sui social). 
Insomma, l’ultima persona che uno si aspetterebbe di vedere uscire da una famiglia retta da un fior di studioso con curriculum in due volumi dove non manca un santuario della grande finanza internazionale: va bene l’innato spirito di ribellione dei figli, ma così si esagera un po’. Anche perché, a rendere ulteriormente scoppiettante il contesto familiare, soccorre la sorella Eleonora, tanto integrata quanto la consanguinea è apocalittica. 
Oddio, forse persino troppo integrata. Economista sulle orme di papà, questa rampolla Padoan ha conosciuto il proprio quarto d’ora di celebrità nell’agosto dell’anno scorso riuscendo a creare pure per motivi diametralmente opposti a quelli della sorella qualche imbarazzo al genitore. 
Era infatti successo che Eleonora, senior economist alla Sace (la società pubblica di assicurazione dei crediti all’export), fosse stata assunta senza concorso alla Cassa Depositi e Prestiti. Ente che e qui sta il problema è controllato all’80% dal ministero del Tesoro, dicastero retto dal padre della figlia di Padoan. Nonostante le precisazioni avanzate dalla Cdp («Una procedura di job posting iniziata nel novembre del 2014» e a cui hanno risposto 3 persone, «tutte quante provenienti dalla Sace»), le polemiche all’indirizzo di questa soluzione familiare non erano mancate. Polemiche che, tuttavia, non avevano avuto l’effetto di intaccare alcunché: preso regolarmente il posto, la rampolla Padoan aveva iniziato ad occuparsi come da contratto di cooperazione e sviluppo internazionale. 
Una figlia no global in servizio permanente ed effettivo, una figlia nella burocrazia statale e quasi in odor di casta. Viene fuori che la manovra ballerina e il fiato sul collo delle istituzioni di Bruxelles non sono il principale problema per il povero papà Pier Carlo.