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 2016  ottobre 21 Venerdì calendario

Giallo della fonderia, spunta il tesoretto dell’operaio suicida

MARCHENO Indagare stanca. Sono riposte in un semplice setaccio, da cercatore d’oro, le speranze di chiudere l’inchiesta per omicidio ai danni di Mario Bozzoli. È l’imprenditore di Marcheno (Brescia) scomparso all’interno dell’azienda di famiglia, quasi certamente lasciato cadere nel forno di fusione dei lingotti. Resta aperto anche il fascicolo dedicato all’altra morte, quella dell’operaio Beppe Ghirardini, coetaneo di Bozzoli, trovato avvelenato accanto a un ruscello a Case di Viso, nella zona di Ponte di Legno.
Il primo fascicolo parla di sequestro di persona, il secondo di istigazione al suicidio, ma ufficiosamente gli inquirenti parlano di «morti intrecciate tra loro».
Un nuovo scenario è stato aperto grazie a una mazzetta di denaro inspiegabile e un flusso di telefonate altrettanto inspiegabile. Sono questi i due indizi che conducono la procura di Brescia a cercare una chiave di lettura, più che nella malvagità, o negli interessi, nella disperazione che diventa insostenibile. Per affermarlo gli inquirenti attendono le analisi del medico legale Cristina Cattaneo, i cui collaboratori lavorano in una caserma nel quartiere di Lambrate. Di fronte a loro, letteralmente, una montagna di detriti: «E non sono arrivati nemmeno alla metà».
Nei giorni scorsi, si erano chiuse le indagini scientifiche condotte a tappeto dai carabinieri del Ris. Hanno dato esito negativo, non c’è traccia del Dna di Bozzoli, ma questo non sposta di una virgola l’indagine: non tutti sanno, per esempio, che non sono stati trovati i resti di ben 200 vittime dell’attentato alle Torri Gemelle. Le alte temperature, più la pressione, hanno «sublimato» i resti umani nell’attentato di New York.
E «presunta morte», purtroppo, quella di Mario Bozzoli per i detective non è mai stata. La sera dell’8, alle 19.11, l’uomo abitudinario chiama la moglie, le dice che va a cambiarsi e la raggiunge per cena. Ma sparisce e alle 23 la moglie Irene Zerbini corre nella fabbrica. Le aprono alcuni operai, tra cui Beppe Ghirardini. Apprende – atterrita – che dal forno di fusione dei materiali ferrosi s’è levata una fumata anomala e che l’impianto, bloccato dall’”alert”, è stato riavviato dallo stesso Ghirardini.
Il giorno dopo la signora sottoscrive un verbale in cui racconta che Mario «aveva paura» per una serie di «screzi con la famiglia del fratello». Mentre la vita del fratello Adelio, e dei nipoti Giacomo e Alex, e i loro alibi, vengono analizzati, l’operaio addetto al forno scompare da casa. Se ne va mercoledì 14 ottobre, proprio nel giorno dell’interrogatorio già programmato con i carabinieri del colonnello Spina. Monta sulla sua auto marrone in una mattinata di pioggia battente, con la bugia di una partita di caccia, e domenica 18 viene trovato rannicchiato su se stesso. Davanti ha dei fazzolettini e una capsula di cianuro. E cianuro, dice l’autopsia, ha anche nello stomaco: s’è ucciso, «senza subire alcuna costrizione fisica», con un boccone avvelenato che usavano i cacciatori (non è più in commercio da tempo) per i cinghiali. I militari, mandati nei boschi, recuperano infatti i resti di un’altra fiala. Quella che non ha fatto effetto immediato.
Tra Bozzoli e Ghirardini, cinquantenni, che pur conoscendosi da bambini, non si sentivano spesso, era scattato un flusso di telefonate del tutto anomalo nei giorni precedenti. Era Bozzoli, prima di «dissolversi» in fabbrica, a chiamare Ghirardini, che era assente e sarebbe tornato proprio l’8 ottobre: che cosa voleva? Perché insisteva?
Una risposta potrebbe nascondersi in alcune migliaia di euro trovate a casa Ghirardini. Non uscite dal conto in banca dell’operaio, perennemente in rosso. Non giustificate da prestiti o donazioni. L’ipotesi principe degli inquirenti inquadra il denaro in contante che c’è, praticamente, in ogni azienda. Per loro si delinea questa sequenza. Bozzoli chiede spiegazioni a Ghirardini sul denaro sparito dalla ditta e l’operaio, in crisi profonda da anni, si sente perduto. Il primo, figlio di imprenditore, con una vita felice in casa, senza alcun problema di denaro, non realizza quanto il secondo sia a pezzi. Si sgretola la sua reputazione e capisce che no, nemmeno questa volta si avranno i soldi in tasca per fare il padre con l’adorato figlio che vive in Brasile. E la testa di un essere umano, si sa, può annebbiarsi. Magari per pochi minuti, ma totalmente. Inesorabilmente.E, una volta che la follia si è compiuta, che cosa resta da fare, se non scegliere come morire, come punirsi a propria volta? Sembra questa, nel fascicolo giudiziario, l’amara risposta che mette decisamente ordine alle tessere sinora scomposte di una storia feroce e intricata. E l’ultimo indizio per scrivere davvero la parola fine al cosiddetto, doloroso «giallo di Marcheno», può arrivare oggi da un setaccio.