Corriere della Sera, 21 ottobre 2016
L’orgoglio di Meryl Streep. «Recito a 67 anni, ho aperto la strada alle attrici americane. Magnani tra le mie preferite. Mi piace Alba Rohrwacher»
ROMA Mamma mia, che voce! In Florence, Meryl Streep porta al cinema la cantante più stonata del mondo. Vocalizzi disperati. Il busto bianco di Verdi che ha nella sua dimora diventa spettrale. Florence Foster Jenkins era stata già omaggiata nel film Marguerite con Catherine Frot.
Meryl Streep, 67 anni, viene accolta con gli onori di una Maria Callas, il suo nome ritmato: «Me-ryl, Me-ryl». Tre Oscar, l’ultimo per The Iron Lady dove impersona Margaret Thatcher, una conservatrice lontana dalle sue idee: «Eppure tutte le donne hanno provato quella specie di disdegno quando ci si trova in un posto che non dev’essere per noi».
Una leggenda prima che un’attrice. Ha un sogno: «Recitare per Martin Scorsese». E poi: «Molti registi con cui ho lavorato non ci sono più, così l’ultima parola ce l’ho io». Vengono mostrate clip, ecco Il Cacciatore : «Quanto era bello Bob De Niro, giravamo con 34 gradi e lui, in alta uniforme da marine, non aveva una goccia di sudore. Io ero inzuppata».
In Florence ha avuto un coach per cantare: «Mi ha preparata e poi abbiamo fatto saltare tutto all’aria. Ricordo una vecchia registrazione di lei, la voce era un suono stridulo, la forzava, urlava a squarciagola. Mi è sembrato tutto molto buffo e triste allo stesso tempo».
L’ereditiera Florence Foster Jenkins negli Anni 40 è stata la protagonista dei salotti dell’alta società di New York. Mecenate, si ostinava a cantare, protetta dal marito inglese (Hugh Grant) che cerca di nascondere la verità. La passione senza talento e una società ipocrita. Quando fa la Regina della notte di Mozart è spaventosa (su YouTube c’è tutto). Una storia divertente, toccante, grottesca, allegra, crudele.
«Ho aperto la strada ad alcune attrici che pensavano di avere una carriera fino a quarant’anni. Non era tanto tempo fa che il cinema di un’attrice tra i 40 e i 50 non sapeva cosa farsene. Ricominciavi a 60 con ruoli orribili. Ora ci sono più opportunità grazie alla tv».
Dovrebbero darle la cittadinanza onoraria, tanto apprezza il nostro Paese: «Amo tutto, chiunque nel mondo vuole essere italiano». Fa nomi e cognomi, ricordando la sua esperienza come presidente di giuria alla Berlinale. Meryl fece premiare Fuocoammare, il documentario di Gianfranco Rosi su Lampedusa, candidato italiano all’Oscar: «Ha ottime chance di spuntarla. In America, dalle tragedie del mare siamo toccati solo quando vediamo un bambino tirato fuori dal mare. Rosi ha intrecciato la vita normale di quella piccola isola all’orrore, ci ha fatto entrare in quella tragedia e ci ha consentito di uscirne». Se esiste un’attrice che può avere una carriera luminosa come la sua, cita una compagna di giuria a Berlino: «Alba Rohrwacher, è incredibilmente speciale, la sua purezza mi ricorda quella di Silvana Mangano e Anna Magnani».
Dice che fare cinema oggi ha lo stesso significato di quando ha cominciato: «Tutte le donne che interpreto hanno la stessa importanza, devo difendere queste persone e mostrare al pubblico cosa so di loro. Amo recitare e non lo percepisco come lavoro. Ho un piacere colpevole in quello che faccio. Da bambina mi chiedevo: come sarebbe stato interpretare mia nonna? Mi mettevo delle rughe per somigliarle, è stato l’inizio di un’indagine più profonda, immedesimarmi nel dolore e nella gioia di qualcun altro. C’è un aspetto egoistico in questa cosa. Il cinema è un’illusione che serve, l’arte e la bellezza sono illusioni. C’è un film che ho invidiato a un’altra attrice: Sweet Dreams con Jessica Lange». Attrice perfetta, donna imperfetta: «Ho quattro figli che mi ricordano quanto sia pessima in molte cose. Ma non c’è tempo per elencarvi i miei difetti».