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 2016  ottobre 01 Sabato calendario

Atac è a un passo dal default, scrive il Messaggero

Nel default politico di Roma, irrompe il rischio di insolvenza dell’Atac che, oltre a paralizzare il trasporto locale già di per sé caotico, potrebbe infliggere un colpo mortale alla giunta grillina. Nella mattinata di mercoledì scorso il neo amministratore unico Manuel Fantasia ha ricevuto presso la sede di via Prenestina i rappresentanti di Mps, Bnl, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Sono le quattro banche che in pool hanno un’esposizione residua a breve termine, verso la partecipata del Campidoglio, per 162,2 milioni. Un debito che scade a metà ottobre e quindi deve essere rimborsato, salvo rinnovi che allo stato le banche non sono disposte a dare visto il caos che governa la città. L’incontro sarebbe servito al manager, insediatosi da poche settimane, per presentarsi agli istituti di credito e per tastare il terreno sulla loro disponibilità a nuove concessioni. L’azienda della mobilità romana è con i conti in rosso – il 2015 si è chiuso con quasi 70 milioni di perdite e 1,3 miliardi di debiti – e avrebbe bisogno di nuovo ossigeno.
Basta considerare che la settimana prima di ferragosto, durante la fase finale della gestione di Marco Rettighieri, le quattro banche furono convocate dai manager di Atac. E si videro recapitare una duplice richiesta-choc, sollecitata proprio dal Comune a trazione M5S: altri 18 milioni freschi per fronteggiare le necessità della metro A e un’altra proroga per rimborsare i debiti in essere. Dopo un comprensibile stupore, i rappresentanti degli istituti hanno respinto al mittente entrambe le richieste.
I PARAMETRI SALTATI
La data segnata in rosso sull’agenda a questo punto diventa il 15 ottobre quando scade la proroga del termine originario (15 aprile). Il fronte delle quattro banche è compatto. Con i tempi che corrono non ci può essere flessibilità da parte degli istituti. Le banche hanno ormai pochi margini di discrezionalità con i clienti per le regole della Bce sul rispetto dei rapporti tra attivi e capitale. Si aggiunga che non è la prima volta che l’Atac chiede rinnovi.
Il finanziamento attuale da 162 milioni nasce da una rimodulazione, avvenuta il 18 ottobre 2013, di un’esposizione per 208 milioni. Questo nuovo contratto rivedeva quello precedente ed è stato concesso fino all’aprile scorso. In teoria è prorogabile fino al 3 dicembre 2019, data di scadenza del contratto di servizio con Roma Capitale. A fronte del rinnovo, le banche avrebbero ottenuto alcune garanzie, come ipoteche sugli immobili conferiti dal Campidoglio in conto aumento di capitale. La proroga di altri tre anni al 2019 però non è automatica, ma è subordinata al rispetto di parametri finanziari (in gergo covenants) che regolano il rapporto tra la posizione finanziaria netta e l’ebitda, che è l’indicatore della capacità di generare reddito. L’ebitda di Atac è negativo, il rapporto con i debiti netti non viene rispettato. Quindi se entro ottobre la società non paga il debito, le banche potrebbero metterla in default, intimandole di versare il dovuto entro un termine (di solito 15 giorni). E se il debito non viene estinto, partono le procedure esecutive con l’avvio della cessione degli immobili in garanzia.
LA STRATEGIA
Inutile dire che in Campidoglio ci sia preoccupazione per una vicenda che rischia di spingere Atac verso il fallimento, ma anche di danneggiare l’amministrazione comunale, che ne è azionista al 100%. Il dossier è sulla scrivania dell’assessore ai Trasporti, Linda Meleo, e del presidente della Commissione Mobilità, Enrico Stefano. Si studiano diverse ipotesi: dalla possibilità di un prestito del Comune per consentire ad Atac di saldare, gradualmente, il debito con gli istituti alla dismissione dei vecchi depositi non più utilizzati. Un’operazione immobiliare che, da sola, potrebbe valere quasi 100 milioni di euro e che potrebbe essere usata proprio come garanzia con le banche, per strappare un’ulteriore proroga. In Comune sperano di non arrivare alla rottura con gli istituti. Ma il tempo, ormai, sta per scadere.