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 2016  settembre 29 Giovedì calendario

A Roma si è dimesso anche il ragioniere generale Fermante

Il Campidoglio perde un altro pezzo. Il ragioniere generale Stefano Fermante ha rimesso ilmandato nelle mani della sindaca. Allegando una relazione di 20 pagine che restituisce la foto di una città sull’orlo del default.
Dopo l’addio dell’assessore al Bilancio, la vana ricerca di un successore e il pasticcio sulle nomine, anche l’ultimo “guardiano” delle disastrate casse comunali lascia Roma. Una scelta, ha raccontato Fermante, meditata a lungo. Ma protocollata solo ieri, quando Virginia Raggi ha finalmente deciso di revocare l’ex procuratore della Corte dei Conti Raffaele De Dominicis: incaricato alle finanze capitoline il 7 settembre, licenziato 24 ore dopo con un post su Facebook, ma mai ufficialmente ritirato. Almeno fino a lunedì: giorno del gran rifiuto opposto dall’ultimo dei prescelti, il giudice contabile Salvatore Tutino, finito stritolato «nella guerra per bande» che infuria nel M5s. È allora che la sindaca rompe gli indugi e firma l’ordinanza per avocare a sé la responsabilità sia di Bilancio e Patrimonio, sia delle Partecipate, prima riunite in un’unica delega e adesso spacchettate.
Segno che la scelta dei nuovi assessori, a dispetto delle rassicurazioni sparse da Raggi a piene mani («I nomi arriveranno in settimana», ha giurato in mattinata) potrebbe essere più lontana del previsto. «Stiamo riconsiderando alcuni curricula che inizialmente avevamo scartato per un eccesso di rigidità», fa trapelare l’entourage della prima cittadina. Tornato dunque a sfogliare la margherita – con l’economista Galloni e l’ex generale Marchetti rientrati in pista – includendo però un petalo nuovo di zecca: la procuratrice della Corte dei Conti Donata Cabras. A riprova di quanto sia importante, per l’amministrazione grillina che oggi dirà no alle Olimpiadi col rischio di una causa per danno erariale, ingraziarsi quella magistratura.
Un quadro di grande incertezza che la defezione del ragioniere generale non fa che aggravare. «C’è troppa confusione», si è sfogato ieri Fermante con alcuni collaboratori. «Io sono completamente isolato, lavoro senza un indirizzo politico, visto che l’assessore al Bilancio si è dimesso il primo settembre e la sindaca in tutto questo tempo non ha mai voluto incontrarmi. Ma nella situazione in cui versa il Campidoglio i rischi sono troppo alti: i conti sono peggiorati, io sto in prima linea, esposto a critiche spesso feroci, senza che nessuno mi dica cosa fare. Una responsabilità enorme, che non posso sopportare da solo». Una dichiarazione di impotenza che suona come un j’accuse. Da nascondere finché si può. E infatti: «Abbiamo una ragioneria che funziona benissimo», ha provato a dissimulare Raggi, nonostante avesse già ricevuto le dimissioni di Fermante, «la delega al Bilancio al momento è mia, abbiamo un presidente di commissione, stiamo lavorando».
Ci pensa però Roberta Lombardi a certificare il collasso delle finanze comunali: «Roma, per come l’abbiamo ricevuta noi, era al predissesto, lo testimonia un documento di fine maggiotrasmesso al commissario Tronca», ha tagliato corto la deputata grillina a margine di un’iniziativa in periferia. «Minenna riuscì a fare una manovra che riportava i conti in ordine», ha aggiunto: ma poi si sa com’è finita. Perciò «adesso c’è bisogno di un’azione virtuosa, anche perché ereditiamo un debito storico di svariati miliardi. È una sfida molto seria». Che però finora, a giudicare dalla sfilza di no incassati da Virginia Raggi nell’arco di un mese, nessuno degli aspiranti assessori si è sentito di raccogliere. «Ma come ha detto Beppe», ha lanciato la stilettata finale Lombardi, «vigileremo sull’operato della sindaca affinché applichi il programma per il quale il M5s è stato eletto nella capitale». Chiaro il sottinteso: vietato sbagliare.