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 2016  settembre 28 Mercoledì calendario

Il drogato di WhatsApp che non riesce a smettere di chattare neanche quando è al volante: «Mi fa sentire immortale»

«Guarda qui in basso», dice Gianluca e intanto indica il cambio automatico della sua Mercedes Gla nera. «L’ho scelto per avere la mano più libera, ci crederesti? E con la mano libera posso schiacciare i tasti del telefono quanto mi pare». Gianluca D.M., 42 anni, comunicatore e digitatore compulsivo. «Lo sono per lavoro, per necessità, per abitudine, forse ormai per vizio».
Guida e telefona. Continuamente. Prende il suo iPhone 6s ovviamente acceso, «con tutte le notifiche, con tutte le suonerie attive» e lo appoggia nel vano portaoggetti sotto il cruscotto. «Io ho un bisogno assoluto del mio telefono perché lui mi porta il mondo e tutto quello che nel mondo succede, e io di notizie vivo».
IL SUPEREROE IMMORTALE
Si parte, nella città che ha deciso di sequestrare i telefonini a chi provoca un incidente per guardare dentro l’aggeggio e capire se il colpevole stesse chattando o scrivendo sms o parlando senza auricolare. Perché ogni telefono lascia una traccia, è come avere un carabiniere in tasca. «Ma quando schiacci ’sti bottoni e intanto guidi, ti senti una specie di supereroe invincibile, invulnerabile e praticamente immortale. E decidi che a te non potrà mai capitare un incidente perché tu sei sveglio, il più sveglio di tutti». Anche se poi il supereroe ha una moglie «che mi fa dei mazzi memorabili, specialmente quando è seduta in macchina accanto a me».
Nessun vigile urbano all’orizzonte e nemmeno poliziotti. Del resto, Gianluca è formalmente impeccabile, finché l’ordigno non comincia a illuminarsi e ronzare non c’è alcun segno di devianza, per parlare lui usa il bluetooth, ormai l’auricolare è un accessorio pleistocenico. Ma il rispetto della legge dura poco. L’i-Phone grigio comincia quasi subito ad accendersi e trillare, ogni applicazione una notifica diversa ma tutte vibrano. «Alzo e abbasso la testa ogni due secondi». Lo fa anche adesso, mentre guida e mentre parliamo. Potremmo ammazzarci, non ci ammazzeremo.
GLI SMANETTONI INTORNO A NOI
«Non tutto quello che passa nel telefonino mi interessa allo stesso modo. Irrinunciabile è solo WhatsApp, perché lì dentro mi arrivano le cose in tempo reale e abbiamo i vari gruppi, da quello del fantacalcio che adesso potrei anche trascurare a quello del lavoro, e qui non ci sono santi: il flusso scorre velocissimo e io devo starci dentro». Difatti Gianluca guarda e risponde, adesso è un po’ più facile perché abbiamo imboccato la tangenziale, la velocità aumenta e una sbandata sarebbe un problema. Per noi, e per gli altri attorno a noi. «Ma guardali un po’», dice Gianluca. In tantissimi stanno smanettando mentre guidano, un intero popolo di smanettoni sciagurati e spudorati. «Anche loro, come me, pensano di non poter morire per un sms».
Un altro trillo, questa è la posta elettronica. «La sbircio però non rispondo quasi mai, troppo complicato». Ma intanto gli occhi sono di nuovo al display. Ancora WhatsApp, stavolta Gianluca è intrigato. «Ehi, questa è grossa!» e comincia a muovere il pollice destro come elettrizzato, «devo fare copia, incolla e inoltra». Lo fa. I supereroi copiano e incollano, e talvolta sbandano. «Però non sono mai stato davvero vicino a un incidente, al limite qualche frenata brusca perché quello davanti rallenta: le code in autostrada sono le più infide, ti illudi di essere quasi fermo, rispondi, scrivi, riparti e poi la fila si ferma di colpo, e tu magari non guardi».
LA MALATTIA E L’ORGANO
Gianluca ammette che questa è una malattia vera, incurabile, e mentre lo dice siamo in videoconferenza con l’universo. «La mattina mi alzo e porto il telefonino in bagno, mi rado e lo guardo. Il giorno del matrimonio ho dato il cellulare al mio testimone solo quando la mia futura moglie è entrata in chiesa, e me lo sono fatto restituire ovviamente acceso subito dopo il lancio del riso». A tavola è lo stesso. «Se siamo con gli amici, tocca a mia moglie intrattenerli. Io mangio con gli occhi al cellulare, un boccone e un tasto. E quando salgo sull’aereo tengo il telefonino acceso fino all’ultimo istante, cerco di fregare la hostess, a volte spengo quando sono già decollato. In alcune tratte intercontinentali si può già navigare col wifi, non vedo l’ora che sia possibile anche in Italia perché anche solo un’ora di volo mi mette l’ansia, oddio cosa sarà successo, penso, e riaccendere il telefono dopo l’atterraggio è un po’ come rinascere. Anche se un vantaggio esiste: in nessun posto dormo meglio che in aereo perché lì sono sconnesso, non aspetto chiamate e non posso farle, nessun messaggio lassù, nessuna notifica».
Ecco, dormire. «La notte lascio il cellulare acceso ma levo suoneria, vibracall e notifiche». Tutto a posto? «Mica tanto. Nel dormiveglia sbircio sempre la lucina del display, se per caso si illumina io non resisto e guardo, il più delle volte non è niente di importante ma la tentazione è troppo forte». E la moglie non è gelosa? «No, ci amiamo da morire e lei è la prima a sapere cosa significa per me il cellulare». Appunto, Gianluca: cosa? «È un organo. Una parte viva del mio corpo».