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 2016  settembre 28 Mercoledì calendario

Il diesel divide da sempre Europa e America

«Che i vostri test sulle emissioni delle auto siano inadeguati, lo si sa dagli anni 90. Per evitare altri casi Volkswagen non bastano però le modifiche ai test: serve anche l’autorità per applicare le sanzioni necessarie». A parlare è Chris Grundler, dirigente dell’Environmental Protection Agency americana, invitato in questi giorni a testimoniare al Parlamento europeo di fronte alla commissione che indaga sul dieselgate. Grundler (paradossalmente, un americano figlio di genitori tedeschi) e i suoi colleghi stanno valutando una possibile sanzione penale multimiliardaria nei confronti della Volkswagen, sanzione che si aggiungerebbe agli oltre 15 miliardi di dollari che il gruppo tedesco spenderà in America per risarcimenti e multe in sede civile.
L’ipotesi della maxisanzione a Vw, unita alla minaccia di una ancor più pesante alla Deutsche Bank, arriva a poche settimane dalla decisione di Bruxelles di imporre alla Apple la restituzione di 13 miliardi di aiuti fiscali ricevuti dal Governo irlandese. La tentazione di vedere un legame c’è, e come minimo si può dire che l’inasprimento di queste vicende societarie sulle due sponde dell’Atlantico non favorirà un clima costruttivo nei negoziati sui futuri trattati commerciali.
Sul dossier auto, peraltro, le divergenze fra le due sponde dell’Atlantico sono di lunga data. Il diesel, popolarissimo in Europa anche grazie a forti incentivi fiscali, ha un ruolo marginale negli Usa (come del resto in Cina e in Giappone) dove è considerato un motore sporco. I limiti alle emissioni di NOx, tra i talloni d’Achille del diesel, sono pari alla metà di quelli europei. A fronte di questa situazione, l’offensiva del diesel lanciata dal gruppo Volkswagen alla fine dello scorso decennio ha avuto un buon successo di mercato ma è stata accolta anche con curiosità; gli americani, in particolare, si sono chiesti molto presto come potevano i motori diesel Vw rispettare i severissimi limiti Usa. Dopo un anno e mezzo di indagini e i vani tentativi di Vw di coprire lo scandalo, la verità è venuta a galla un anno fa: era una truffa.
Sull’atteggiamento “punitivo” degli Usa pesa indubbiamente il lungo tentativo di depistaggio da parte di Vw e la faccia tosta della campagna che propagandava il “Diesel pulito”. Gli americani spesso odiano le bugie più delle scorrettezze: non dimentichiamo che Bill Clinton rischiò l’impeachment non per la scappatella extraconiugale ma per averla pubblicamente negata.
Mentre le autorità americane indagavano, quelle europee preposte a controllare il rispetto delle regole chiudevano sempre un occhio e spesso due – comprese quelle tedesche – nonostante in Europa circolino oltre 8 milioni di diesel “truccati”. A posteriori i test effettuati nei maggiori Paesi Ue dopo il dieselgate hanno confermato quanto ha detto ieri Grundler: i diesel europei superano i test ma nella guida normale la maggior parte di loro inquina due, tre, dieci volte più dei limiti. Con conseguenze sulla qualità dell’aria nelle città europee ricordate – scriveva ieri il «Financial Times» – da un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Il fatto che il problema sia in parte comune, il peso dominante della Germania e l’enorme peso economico e politico del diesel spiegano l’atteggiamento morbido delle autorità europee sul caso Vw. Se si aggiunge l’inefficienza di un meccanismo che prevede una regola e 28 organi diversi di controllo (la polemica italo-tedesca su quanto inquinano le rispettive auto ne è un esempio), non stupisce che a un anno dallo scoppio dello scandalo il conto per Volkswagen si sta avvicinando negli Usa ai 20 miliardi per 500mila auto, mentre quello europeo resta molto vicino a zero per oltre 8 milioni. Il problema non è forse solo di accanimento da parte degli americani.
Gli avvenimenti degli ultimi dodici mesi potrebbero però cambiare lo scenario in misura decisiva anche in Europa: c’è chi prevede un crollo delle quote di mercato del diesel nei prossimi dieci anni, a partire dalle auto piccole e medie; per ora si può parlare di erosione. Al Salone di Parigi che apre domani sarà la consueta gara di nuovi modelli ibridi ed elettrici, nella speranza che il trend di crescita (per ora molto graduale) acceleri. Persino Volkswagen ha fatto dell’elettrico uno dei pilastri del piano di rilancio – multe americane permettendo.