Corriere della Sera, 28 settembre 2016
Tutino c’è rimasto male perché Virginia Raggi non lo ha difeso
Il consigliere della Corte dei conti, oggi che sono finiti i suoi «20 giorni sulla graticola», dice di sentirsi addirittura «liberato, sollevato». Ma perché ci ha ripensato? «Perché, nelle ultime ore, ho capito che sarebbe stato un duello continuo. E io, con la sciabola, non vado bene...». Il riferimento è alle accuse dei Cinque Stelle di «appartenere alla casta», per l’incarico alla Corte dei conti assegnatogli dal governo Letta nel 2013, un attimo prima che la Legge di stabilità imponesse il divieto di cumulo (tra incarichi e stipendi) sopra i 300 mila euro. L’ex dirigente Mef ha aspettato fino all’ultimo, ma poi – di fronte al silenzio della Raggi – ha mollato: «Mi aspettavo che mi avrebbe difeso. Del resto, era stata lei a dirmi che entravo in una squadra, dove ci si aiuta uno con l’altro. Avevamo parlato anche dei miei futuri collaboratori...». Una trattativa segretissima: «L’8 settembre – dice Tutino – sono entrato in Campidoglio da una porta secondaria. Ho visto la sindaca, parlato con consiglieri, assessori. Il 9, il giorno dopo, ho dato la mia disponibilità». Occhio alle date: l’8 era il giorno del «pasticcio» sul precedente designato De Dominicis. E poi? «C’era una email da fare alla Corte dei Conti: era sbagliata, l’ho corretta. Doveva partire stamattina, ma niente». Ma perché Raggi non ha dato l’annuncio? «Voleva darlo all’interno di un pacchetto complessivo, per rispondere alla deflagrazione delle dimissioni a catena». Tutino, che aveva spiegato come si fa un Bilancio («si parte dalle entrate certe») ce l’ha anche coi vertici di M5S: «Bisogna tenere conto delle aspettative della Lombardi, delle frasi della Ruocco, delle parole di Fico? Ho visto i loro curriculum, sono un po’ perplesso... Gente che grazie a qualche click di mouse sta dove sta».