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 2016  settembre 27 Martedì calendario

Sono partiti da Brescia i soldi per finanziare gli attacchi islamici nel Kashmir

Da Brescia sono partiti i soldi per finanziare gli attacchi in Kashmir dei separatisti islamici pachistani inseriti nella lista delle organizzazioni terroristiche. Secondo l’intelligence indiana il denaro sarebbe stato trasferito attraverso un money transfer di Corso Garibaldi. Le autorità di New Delhi hanno emesso dei mandati di cattura per sei pachistani che vivono in Lombardia. Due dei ricercati, Mohammad Yaqub e Aamer Yaqub, padre e figlio, erano stati arrestati a Brescia per aver trasferito soldi ai terroristi dell’attacco di Mumbai nel 2008, l’11 settembre indiano. Il tribunale del riesame li ha in seguito scarcerati, ma non è chiaro che fine abbiano fatto.
La notizia è uscita cinque giorni fa sul Times of India, uno dei principali giornali locali in lingua inglese. Il 18 settembre i separatisti del gruppo terroristico Jaish i Mohammed hanno preso di mira una caserma ad Uri, nel Kashmir indiano. L’attacco suicida ha ucciso 17 soldati e provocato una dozzina di feriti. La più sanguinosa azione separatista da anni, che ha riacceso l’ostilità fra India e Pakistan.
L’agenzia di intelligence economica indiana (Ed), tre settimane prima dell’attacco, aveva scoperto, che «sei persone del Kashmir occupato dal Pakistan residenti in Italia hanno finanziato attività terroristiche attraverso i separatisti» dell’organizzazione politica Hurriyat scrive il Times of India. Firdous Ahmad Shah e Yar Mohammad Khan hanno ricevuto i soldi e secondo gli indiani li avrebbero utilizzati anche per gli attacchi del terrore. L’atto d’accusa contro i pachistani che vivono in Italia è stato depositato il 24 agosto alla corte di Srinagar, «capitale» del Kashmir indiano. E parla chiaro: «È stata utilizzata una società italiana di trasferimento fondi, Madina trading di Corso Garibaldi a Brescia». In realtà la società con questa nome sarebbe stata chiusa dopo un’inchiesta del 2008, che ha portato in carcere Mohammad Yaqub Janjua e Aamer Yaqub, due dei ricercati dall’India. Padre e figlio erano stati accusati di aver trasferito 229 dollari per attivare un servizio di telefonia via internet, che ha permesso ai terroristi di Mumbai di restare in contatto con i loro mandanti in Pakistan. Nel novembre 2008 l’attacco multiplo ad alberghi e luoghi pubblici costò la vita a 195 persone ed i feriti furono circa 300. I due pachistani sono stati in seguito scarcerati per riapparire adesso nella nuova inchiesta indiana. Allora il movimento totale di trasferimento fondi della Madina trading risultava di 400mila euro.
In realtà in Corso Garibaldi 53, a Brescia, il money transfer ha cambiato nome in Help services ed è chiuso teoricamente per ferie. I commercianti della zona, però, sostengono che si tratta degli stessi gestori pachistani del 2008 spariti da agosto quando gli indiani avrebbero emesso i mandati di cattura. Al momento c’è solo un cartello che prevede la riapertura il 30 settembre.
Secondo l’atto d’accusa indiano, ripreso dal Times of India, fra il 2008 e 2011 sarebbero continuati ad arrivare da Brescia oltre 10mila euro ai separatisti del Kashmir. Il sistema utilizzato è il cosiddetto hawala: «Un modo indiretto di trasferimento di denaro in piccole quantità per evitare sospetti. Le ricezioni degli importi vengono intestate a una persona del tutto estranea. Le rimesse sistematiche dimostrano una pianificata modalità di riciclaggio per attività illegali».
Negli ultimi anni sarebbero state finanziate così attività «antinazionali e sovversive» ma per «scoprire l’intera cospirazione è necessario ottenere maggiori prove dall’Italia». Almeno parte dei soldi sarebbero servite per gli attacchi contro obiettivi indiani in Kashmir, come l’ultimo del 18 settembre, anche se in realtà l’atto di accusa è precedente. Gli indiani hanno tracciato i soldi da Brescia fino alla banca Jammu & Kashmir.
I sei ricercati dagli indiani che vivono fra Milano e Brescia sono Mohammad Yaqub, Aamer Yaqub, Javaid Iqbal, Shabina Kanwal, Tanveer Liaqat e Mohamad Zamir. Dalla Digos di Brescia sottolineano che non hanno ricevuto alcuna richiesta formale dalle autorità indiane, ma stanno «ricostruendo la vicenda».