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 2016  settembre 27 Martedì calendario

Abbiamo rinunciato a pensare al futuro?

Per molte generazioni l’inizio di settembre è stato il tempo per investire in energie di intenzionalità in vista dell’avvio del nuovo anno di lavoro: il piccolo imprenditore si riguardava (magari in solitudine) l’andamento dei suoi potenziali mercati e progettava le necessarie innovazioni di prodotto e di processo; il grande imprenditore frequentava prestigiosi workshop di scenaristica (l’Ambrosetti a Cernobbio già dalla metà degli anni Settanta); i politici si distribuivano in decine di appuntamenti pubblici (feste, convegni, riunioni di corrente) per analizzare la congiuntura del sistema di potere; i dirigenti associativi collocavano a settembre i loro congressi per saggiare la collocazione delle proprie strutture nel medio periodo; legioni di comunicatori presentavano e mettevano in discussione i loro programmi e palinsesti; e nella stessa vita della Chiesa settembre era dedicato alla stesura dei programmi pastorali delle singole diocesi. E ricordo bene anche la personale fatica per sfuggire almeno a qualcuna delle iniziative sopra esemplificate.
Se oggi mi guardo intorno devo ammettere che di quel fervore settembrino resta davvero poco: c’è poca voglia di capire cosa può succedere e di sviluppare volontà di dominare gli eventi prossimi venturi. Ci risparmiamo così la scarica di adrenalina che di solito accompagnava l’intreccio fra timore e coraggio nel pensare il futuro.
L’intenzionalità non è certo un valore di riferimento collettivo; ci si adagia, si galleggia, quasi con una esplicita indolenza a restare chez soi, nel proprio particolare vissuto; e se qualcuno ci mette insieme è solo per indulgere alla saga identitaria e al compiacimento degli anniversari (quanti «decenni dall’inizio» si celebrano in questo periodo!).
Interpretare e progettare non è più un esercizio attraente, per alcuni neppure necessario. Le possibili spiegazioni di tale deficit culturale sono tante: abbiamo una classe dirigente sempre più scadente e che ritiene di non aver bisogno di qualsivoglia approfondimento; la lunga stagione di crisi ha imposto atteggiamenti e comportamenti di adattamento agli eventi, quasi una passività continuata; la accentuata articolazione delle sfide competitive imprigiona l’attenzione degli imprenditori in pieghe e in dinamiche di nicchia, e non certo di tipo sistemico; senza negare, per dovere di autocoscienza, che la stessa offerta di interpretazione e progettazione che viene dai centri di ricerca, di consulenza e di formazione sembra a dir poco cigolante.
Verosimilmente questi fattori possono bastare per spiegare la caduta dell’intenzionalità settembrina; ma sorge anche il sospetto che in tale caduta ci sia qualcosa di più profondo e stabile. Io credo che l’anno di lavoro non segua più il suono del campanello della riapertura delle fabbriche e degli uffici, ma assuma un andamento più labile per effetto della crescente importanza del turismo e dei suoi tempi.
Specialmente in un anno che ha avuto una fiammeggiante estate turistica, dovunque si guardi si scoprirà che la testa di milioni di cittadini italiani non è presa in esclusiva dal settembre che introduce un lungo ciclo annuale, ma tende a funzionare su altri ritmi: l’allungamento di giorni di alta stagione; l’attesa dei prossimi periodi di consistente flusso turistico (dal Sant’Ambrogio al Carnevale); la messa a punto di nuove offerte e di più attraenti offerte low-cost; le strategie di fidelizzazione dei nuovi flussi di turisti per i periodi una volta considerati «morti»; il perfezionamento dei siti web e dei meccanismi di presentazione e prenotazione dell’offerta.
Se guardo a Roma, trovo che c’è più intenzionalità collettiva nel mettere sempre meglio in vetrina e in funzione l’offerta delle migliaia di bed and breakfast che nella voglia di programmare ed iniziare un nuovo (ma forse noioso) anno di ufficio o di scuola.
Mi si potrà dire che non tutto in Italia è turismo, da Roma a Venezia, dal Lago di Como alla penisola salentina; ma alla fin fine non si sfugge alla sensazione che l’adrenalina di inizio anno non sarà più la protagonista dei prossimi settembre.
Cominciamo ad abituarci ad avere meno scariche di adrenalina.