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 2016  settembre 27 Martedì calendario

Berlino non aiuterà la Deutsche: la Merkel non vuole sentir parlare di salvataggi pubblici

Ormai un’azione Deutsche Bank vale appena 10,55 euro, il minimo dal 1983. Con il crollo in Borsa del 7,5 per cento sofferto ieri dopo il susseguirsi di nuove indiscrezioni e smentite sul suo destino, il titolo della principale banca tedesca ha perso oltre il 50 per cento del valore dall’inizio dell’anno.
Un’ennesima giornata disastrosa che ha anche zavorrato il Dax di Francoforte facendogli perdere il 2,2 per cento. E lascia aperti interrogativi inquietanti sul futuro della banca guidata da John Cryan. Può la Germania lasciare cadere il suo gigante dai piedi di argilla per non compromettere la campagna elettorale di Angela Merkel e perché Wolfgang Schaeuble possa mantenere il punto su una legge come “bail in”, la legge europea entrata in vigore all’inizio dell’anno e che coinvolge azionisti, investitori e risparmiatori oltre i 100mila euro nei salvataggi delle banche? Il “là” per l’ennesima giornata di passione in Borsa l’ha offerta un’indiscrezione pesante uscita nello scorso fine settimana, smentita nelle modalità ma confermata nella sostanza dal governo. «Non c’è alcuna ragione per speculare su possibili aiuti di Stato a Deutsche Bank» ha sottolineato il portavoce della cancelliera, Steffen Seibert, commentando quanto scritto da Focus nel fine settimana.
Secondo il settimanale, Angela Merkel avrebbe rifiutato a Cryan sia la richiesta di aiuti avanzata sul fronte finanziario, sia quella di un intervento presso il dipartimento di Giustizia americano per smussare la maxi multa da 14 miliardi di euro chiesta per lo scandalo dei mutui subprime. Fino alle elezioni politiche del 2017, questa la tesi di Focus, Merkel non vuole sentir parlare di salvataggi pubblici. Ma Seibert ha smentito che ci sia stato un incontro del genere. E ha sottolineato di augurarsi in ogni caso «un trattamento equo» dagli americani; per casi analoghi, altri istituti di credito hanno pagato appena il 10 o 20 per cento della cifra sparata in partenza dal Dipartimento di Giustizia.
Sulla spinosa questione del contenzioso che riguarda vendite truffaldine di prodotti finanziari legati ai mutui spazzatura statunitensi, la banca si è sentita comunque in dovere di smentire. Cryan «non ha in alcun momento pregato la cancelliera di far intervenire il governo nelle trattative in corso con il ministero della Giustizia Usa» ha fatto sapere un portavoce, Joerg Eigendorf. Deutsche Bank, ha aggiunto, «è fermamente decisa a risolvere da sola le sue sfide». E dopo che i listini si erano già scatenati al ribasso su ipotesi di ricapitalizzazioni, il portavoce ha detto che «la questione di un aumento di capitale al momento non si pone».
Altre indiscrezioni continuano a puntare su una fusione tra Deutsche Bank e Commerzbank. I vertici si sarebbero visti quest’estate ma avrebbero congelato i negoziati fino a fine anno. Commerz è partecipata al 15 per cento dallo Stato, da quando il precedente governo Merkel fu costretto a salvarla dopo il fallimento di Lehman Brothers. Cryan sostiene che le fusioni sono un’opzione concreta, per la prima banca tedesca.
Intanto sembra che il numero uno di Commerz, Martin Zielke, pianifichi 9.000 esuberi per far fronte ai problemi di bilancio emersi negli ultimi mesi. Lo sostiene l’Handelsblatt. Di recente Zielke aveva promesso una svolta «brutale, rapida e radicale».
Negli ultimi stress test dell’Eba, le prime due banche tedesche sono risultate tra le dieci peggiori dell’Unione europea.