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 2016  settembre 25 Domenica calendario

Ecco come si preparano la Clinton e Trump per affrontare il dibattito in tv


Non è esagerato aspettarsi che il dibattito televisivo di domani decida la corsa alla Casa Bianca. I sondaggi danno Trump in rimonta, pari o avanti a Clinton, e gli analisti prevedono cento milioni di spettatori: sarà la prima, e più importante occasione per imprimere un’impressione definitiva nella mente degli elettori indecisi. Una roba da far tremare i polsi, a cui Donald e Hillary si stanno preparando in maniera opposta.
Il dibattito è alle nove di sera, tre del mattino in Italia, alla Hofstra University di Long Island, fuori New York. Il moderatore sarà Lester Holt, conduttore del tg della Nbc. L’audience dovrebbe superare il record di 80 milioni segnato nel 1980 dal dibattito fra Carter e Reagan, e infatti Audi e Tecate hanno speso milioni per trasmettere spot prima e dopo: la prima, sulla necessità di scegliere un buon pilota per l’auto, ossia l’America; la seconda, per proporre un muro di birra che unisca Usa e Messico.
Hillary, che ieri ha ricevuto l’appoggio del «New York Times», ha scelto una preparazione tradizionale. Si è chiusa nella casa di Chappaqua con i suoi «allenatori» Karen Dunn e Ron Klain, il sondaggista Joel Besenson, i consiglieri Mandy Grunwald, Jim Margolis e Jake Sullivan, l’avvocato Robert Barnett, il direttore della campagna John Podesta e delle comunicazioni Jennifer Palmieri. Bill entrava e usciva e Philippe Reines, vecchio collaboratore, impersonava Trump. La campagna per questo compito ha scelto una persona che la conosce bene, proprio per aggredirla nei punti più deboli. La sua forza: preparazione maniacale sui temi, disciplina, e anche essere la prima donna in un dibattito presidenziale. Altrettanto note, però, le sue debolezze: mancanza di credibilità e onestà, freddezza, antipatia, irascibilità, il passato di Bill, i dubbi sulla salute, lo scandalo delle mail, l’immagine di candidato dell’establishment nella tasca dei ricchi donatori. Il suo obiettivo è apparire calma e preparata, magari simpatica, dipingendo Trump come non qualificato per la presidenza. Se lui attacca sulle mail, lei risponderà che non ha pubblicato la dichiarazione dei redditi. Poi ha studiato come innervosirlo, chiamandolo Donald o mettendo in dubbio la sua reale ricchezza.
Trump ha evitato di fare dibattiti finti con una collaboratrice che impersonava Hillary, puntando sulla sua abilità naturale davanti alle telecamere. Però ha studiato, prima nella sua casa di campagna a Bedminster, e poi alla Trump Tower. Si è riunito le domeniche con i manager della campagna Stephen Bannon e Kellyanne Conway, i consiglieri Rudy Giuliani, Chris Christie e Stephen Miller, il responsabile delle comunicazioni Jason Miller, il generale Michael Flynn e il genero Jared Kushner, mentre l’ex capo di «Fox News» Roger Ailes mandava consigli. La sua forza sta nell’imprevedibilità, l’esperienza televisiva maturata nei reality, l’efficacia escoriante delle sue battute. Le debolezze sono il temperamento, l’aggressività soprattutto contro una donna, perdere la pazienza, non sembrare presidenziale, non aver rivelato la dichiarazione dei redditi, la passione per Putin. Non ha sperimentato le frasi, perché ama improvvisare, ma ha studiato i precedenti dibattiti di Hillary e i suoi consulenti di Cambridge Analytica gli hanno preparato un «profilo psicologico» di Clinton, per capire da come parla e si muove se è in difficoltà e come attaccarla. Sarà diverso dai dibattiti affollati delle primarie, dove poteva nascondersi ed evitare risposte dettagliate sui temi, ma l’obiettivo è lo stesso: demolire Hillary e chiudere la corsa.