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 2016  settembre 26 Lunedì calendario

La Giordania rischia di diventare terra del Califfo

La Giordania rischia di incamminarsi su un sentiero già visto altrove e che potrebbe portare conseguenze peggiori. L’omicidio di Nahed Attar è stato preceduto da episodi gravi e non è isolato. A novembre di un anno fa un ufficiale ha ucciso due istruttori americani, il 6 giugno terroristi hanno attaccato una sede dell’intelligence a Baqa, il 21 c’è stato un attentato firmato Isis alla frontiera. Tra i lampi di violenza diverse retate delle unità anti-terrorismo che, dal 2015, hanno accentuato la pressione nel timore di nuovi attentati. Alcune di queste fiammate sono zampilli del rogo siriano, altre nascono in casa. Come ha scritto un quotidiano «il pericolo viene dall’interno e non da fuori», anche se è inevitabile che quanto sta avvenendo nel paese vicino influenzi la Giordania. Il reclutamento di jihadisti si sta estendendo e non solo nelle moschee. Cellule sono nate nelle università, in ambienti insospettabili, con giovani appartenenti alla classe media attirati dal messaggio di lotta. Non pochi sono andati a combattere. Almeno 2.500 mujaheddin si sono arruolati nelle file dell’Isis e in quelle dei qaedisti per poi partecipare alla guerra civile siriana. Una continuazione di quanto è avvenuto nel passato. Il padre della prima al Qaeda irachena è stato Abu Musab al Zarkawi, nato a Zarqa, in Giordania. I predicatori hanno avuto vita facile nell’adescare seguaci. La situazione economica nel paese è un buon alleato, visto che la disoccupazione tra le persone sotto ai 30 anni sfiora il 40 per cento e l’economia, in un paese che oltre ai problemi strutturali ha accolto un mare di profughi, boccheggia. Le tensioni sociali, le vecchie divisioni unite a quelle più recenti, aprono spazi per gli estremisti. Il sovrano ha accentuato la sorveglianza, ha aumentato le forze di sicurezza ai confini, ha addormentato quella parte di ribellione siriana che assisteva attraverso un «centro» nella capitale. Un rallentamento che ha sconcertato gli insorti. Sempre l’esecutivo – oggi dimissionario – ha lanciato un programma di de-radicalizzazione che, come in altre parti, ha portato risultati non sufficienti. E il re Abdallah si è affidato all’assistenza dell’Ovest, partendo dall’1,6 miliardi di dollari garantiti dagli Usa, la metà dei quali riservati al budget della difesa. Un cammino in equilibrio su un filo sempre più sottile.