Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  settembre 26 Lunedì calendario

Commento al campionato di Maurizio Crosetti

Quelle due vanno, non sempre convinte ma vanno (la Juve è brutta però vince, il Napoli è diviso però vince) e scavano la prima trincea in classifica come i bambini con la paletta sulla spiaggia. Non è un canyon, non è neppure un fosso, dopo 6 giornate è tutto troppo poco, ma intanto sembra la solita vecchia storia. A occhio stavolta non sarà una storia eterna e monotona, qualcuno saprà rientrare gettando manciate di sabbia in quella trincea, però Juve e Napoli – diversissime tra loro – sanno assomigliarsi nel passo e nella cadenza. Dunque, infine, nella sostanza.
Milan e soprattutto Inter le aiutano ad andare, ad allungare la prima piccola fuga della stagione. L’Inter gioca benino tirando troppo poco contro un ottimo Bologna: un punto appena. E il Milan rende viva a Firenze una partita interessante, con la teorica vittoria salirebbe al terzo posto ma quella vittoria non arriva, anzi potrebbe finire peggio se il rigore di Ilicic non sbattesse sul palo. Tuttavia questa squadra sta lentamente rinascendo, e sta lavorando duro (qui è bravo Montella) sulla qualità media non proprio enorme. Ma c’è un numero che incoraggia il futuro del Milan più di ogni altro, cioè l’età media. Perché il Milan finora è la squadra più giovane della serie A (25 anni e 338 giorni). La Juve padrona, tanto per dire, è la seconda più vecchia (29, 143) dopo il Chievo dei nonni (31,276) e queste non sono soltanto cifre equilibrate e fredde ma danno il senso di un programma.
Il Milan che attende risposte chiare dopo e dentro le manfrine cinesi, in campo ne ha già trovata qualcuna non pellegrina. Leggere i nomi aiuta a capire: Donnarumma, Calabria, Suso, Romagnoli, Niang, Locatelli, bene così. Se il calcio è sempre meno un paese per ragazzini (vedi inchiesta di Repubblica), ci sono comunque squadre e club ben poco matusalemme.
Invece i vecchietti della vecchia Signora stentano un poco a togliersi il plaid dalle ginocchia, anche se vincere giocando male è una virtù eccelsa. A Palermo li ha salvati il più bizzarro degli autogol, col tacco nientemeno, però nell’aria è rimasto qualcosa di opaco, una strana stanchezza mista a nervosismo, uno sfasamento rilassato che non fa parte del sangue juventino. Forse qualcuno si è montato la testa e pensa che tanto un gol più degli altri lo si segnerà sempre. Imbarazzi di una macchina in rodaggio, malanni della crescita o limiti mantenuti finora sottotraccia? Chi conosce la Juventus sa che gli inizi, con Allegri, non sono mai lanciati, ma sa anche che senza gli occhi iniettati non si va lontano. La pausa concessa a Dybala non è servita a pulire il gioco e forse neppure a rassenerare lui: stare lontani, quando c’è passione vera, non è mai una soluzione. Dybala ha bisogno di giocare, l’altra punta ha bisogno dei suoi palloni. Higuain (titolare, titolarissimo fino allo sfinimento) e Mandzukic insieme non danzano, sono una coppia di ballerini zoppi. Possono segnare per inerzia e muscolarità, però intorno a loro si muove poco. Dunque: Dybala e Higuain sempre, tutta la vita, anche a briscola. Resta da risolvere l’equivoco Pjanic: mezzo giocatore acclarato (a Roma lo era) o grande talento in attesa di collocazione? Per adesso, basculando tra il ruolo di mezz’ala e quello appena abbozzato di regista, è stato tra i più evanescenti a parte Juve- Sassuolo. Ed è il centrocampo il nodo e lo snodo, come sapeva benissimo Beppe Marotta che ha cercato di completarlo fino all’ultimo istante del mercato, smarrendosi proprio in quell’istante fatale. Molto dipende dal ritorno di Marchisio, quando sarà e nelle condizioni in cui sarà. Per adesso, Lemina playmaker è una buona soluzione normale, uno che mette correttamente i tibri sui moduli, niente di più e niente di meno. A proposito di vecchietti: la cosa più bella della domenica è lo stadio del Toro in piedi per Totti, proprio tutto lo stadio: grande Torino.
Se la Juve è un po’ racchia ma vincente, il Napoli è smagliante e un po’ smagliato. La polemica tra De Laurentiis e Sarri, il pubblico diviso e assente sono segnali di un possibile autolesionismo di cui il campionato, oltre che Napoli, non hanno bisogno. Con Hamsik, Milik, Callejon e soprattutto Sarri (il presidente lo lasci lavorare e giochi con le freccette solo al bar) si può dare pensieri alla Juventus, altrimenti si perde tutto e non è il caso, specialmente adesso che torna la Champions e bisogna battere il Benfica, mentre la Juve non può non vincere a Zagabria domani sera. In caso contrario,
Questi fantasmi sarebbe una commedia di Agnelli e Allegri, non di Eduardo.