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 2016  settembre 26 Lunedì calendario

La Svizzera ha votato contro i pendolari italiani

Si chiama “Prima i nostri” ed è l’ennesimo affondo della destra del Canton Ticino, contro i frontalieri italiani. Voluta dall’Udc, principale forza politica svizzera, ieri ha ottenuto l’approvazione, in referendum, del 58% dell’elettorato ticinese che, in tal modo, approva un articolo costituzionale il cui obbiettivo è quello di privilegiare la manodopera indigena, rispetto agli stranieri.
«Votando l’iniziativa – si può leggere nel testo – i frontalieri continueranno a lavorare in Ticino, ma solo nei settori dove l’economia avrà una reale esigenza e non per sostituire un lavoratore residente che non può accettare stipendi lombardi». In sostanza chi si è espresso a favore di “Prima i nostri” ha voluto dare, pure, un segnale a quelle aziende, spesso create da imprenditori italiani, in Ticino, che preferiscono impiegare lavoratori frontalieri, retribuendoli con condizioni salariali, inferiori a quelle elvetiche.
«Viene a galla – spiega il sindacalista Giorgio Fonio, di OCST, equivalente svizzero della Cisl – un malcontento generato, innanzitutto, dall’abuso eccessivo degli accordi bilaterali tra Svizzera e Ue, da parte del mondo economico e imprenditoriale». «In sostanza una deregulation, favorita dalla globalizzazione, che penalizza il mondo del lavoro ticinese». «Per intenderci – dice ancora Fonio – uno stipendio di 2500 Euro a un frontaliere di Varese è più che dignitoso, mentre per qualcuno che vive a Lugano corrisponde alla soglia di povertà». Tuttavia, il testo approvato ieri, non è stato appoggiato da tutti i partiti. Come lo spiega se il problema è cosi sentito? «Perché la tematica è di competenza federale, quindi la norma, così come proposta, è stata ritenuta più che altro declamatoria». E, al riguardo, va sottolineto che il Governo cantonale ha già messo le mani avanti, rispetto all’applicabilità della misura, approvata dalla maggioranza dei votanti. Proprio “a causa dell’armonizzazione con le leggi federali”, è stato fatto presente, ieri pomeriggio, dall’esecutivo ticinese. Lo stesso, peraltro, si era già verificato con l’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”, accolta in referendum, il 9 febbraio del 2014, a livello elvetico e non ancora messa in pratica. Essendo contraria al principio della libera circolazione delle persone è stata ostacolata da Bruxelles, che ha imbastito un negoziato con Berna. Negoziato che, nel frattempo, essendo intervenuta Brexit, ritenuta ben più importante dall’Unione Europea, è stato infilato in un cassetto e rimandato a data da destinarsi.
«Senza libertà di circolazione – ha messo in guardia, intanto, il ministro degli Esteri Gentiloni – i rapporti Svizzera-Ue sono a rischio». Resta il fatto che la destra ticinese sembra non perdere l’occasione per prendersela con gli italiani. «Non è così, il fatto è che, prima dell’introduzione della libera circolazione, c’erano 30 mila frontalieri, adesso sono il doppio e, ormai, sono entrati anche nel terziario, con il risultato che i nostri vengono estromessi», argomenta Eros Mellini, segretario dell’Udc del Canton Ticino.