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 2016  settembre 26 Lunedì calendario

I giudici del Csm in streaming

Tempi di glasnost al Csm. Per buttarsi alle spalle la nomea di un’istituzione dove le correnti della magistratura fanno il buono e il cattivo tempo. Si spartiscono le nomine, promuovono non la toga migliore ma quella più sponsorizzata, subiscono gli spifferi della politica. Un caso per tutti? Quello di Giovanni Falcone che, nell’88, anziché essere promosso a capo dell’ufficio istruzione di Palermo per i suoi evidenti meriti nella lotta alla mafia fu bocciato e il Csm gli preferì, per anzianità, Antonino Meli. Un Csm dove, da sempre, tutto avviene nel chiuso delle commissioni, dove le notizie filtrano a fatica, dove una pratica disciplinare può restare per mesi in frigorifero. Per provare a cambiare le regole, un cocciuto vice presidente del Csm come Giovanni Legnini ha stretto un’alleanza forte con il Quirinale, il cui inquilino, Sergio Mattarella, è anche al vertice del Csm, e raccontano che abbia seguito il caso nei minimi dettagli. Legnini ha sfidato la politica, pur essendo egli stesso da anni un politico. Il premier Renzi, due anni fa, aveva annunciato una riforma del Csm. Il Guardasigilli Orlando ha messo al lavoro la commissione Scotti, che una bozza l’ha pure presentata. Ma c’è da scommettere, con i tempi del Parlamento, che resterà sulla carta.
La sfida di Legnini invece è stata cambiare il Csm da “dentro”, farne come dice lui una “casa di vetro”, riscrivere un regolamento vecchio di 56 anni, manomesso più volte, ormai datato. 52 articoli sono diventati 90, ci sono volute sette sedute di plenum per approvarli. Non c’è stato bisogno di un Cantone per tentare la via della trasparenza, laddove essere trasparenti significa non solo rendere pubblici gli atti, ma addirittura rendere pubbliche pure le sedute delle commissioni, perfino quelle più delicate e più riservate, quando c’è da scegliere il capo di un ufficio importante. Ancora un esempio? Il vertice della procura di Milano, dove dopo otto mesi di passione, si è insediato Francesco Greco, l’erede naturale di Borrelli, D’Ambrosio, Bruti Liberati. Ma quanti pettegolezzi si sono inseguiti per mesi. Tutto si è svolto nel chiuso di una commissione, la famosa “quinta”. Ora le regole cambiano, sarà sufficiente che due dei sei componenti chiedano un confronto pubblico e anche la stampa potrà seguire i lavori e capire le ragioni per cui si opta per una toga o per l’altra. Certo, le correnti potranno sempre trattare dietro le quinte, ma la pubblicità delle sedute lavorerà sicuramente contro inciuci e strategici rinvi. Nella logica della “casa di vetro” la maggioranza di una commissione potrà sempre chiedere una seduta pubblica. Una novità epocale, soprattutto se pubbliche potranno essere anche quelle in cui si affronta il comportamento anomalo di un magistrato. Ricordate il caso Bruti-Robledo, il durissimo scontro tra l’ex capo della procura di Milano Edmondo Bruti Liberati e il suo aggiunto Alfredo Robledo? Ci volle più di un anno per venirne a capo, con discussioni volutamente ammantate di mistero. Sedute pubbliche avrebbero cambiato la storia.
Saranno i prossimi mesi a dire se il regolamento di Legnini è solo un pezzo di carta o l’inizio di una pagina nuova per la magistratura. Il banco di prova saranno sempre le nomine, visto che il regolamento vieta quelle cosiddette “a pacchetto”, venti o trenta toghe scelte in blocco con accordi e favori trasversali. Un colpo alle correnti non da poco. Ma la scommessa sarà sempre sugli uffici importanti, a cominciare dalla procura di Napoli dove si sfidano di nuovo Gianni Melillo, il capo di gabinetto del Guardasigilli Orlando, e Federico Cafiero De Raho, il procuratore di Reggio Calabria, col sospetto che una norma messa nel decreto di agosto sull’età pensionabile blocchi il secondo “costretto” a restare quattro e non tre anni nel suo incarico favorendo così il primo. Saranno proprio quelle sedute le prime in diretta streaming.