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 2016  settembre 23 Venerdì calendario

Il passaporto di Michelle Obama è finito nelle mani degli hacker

Anche il passaporto di Michelle Obama è finito nel frullatore della guerra che gli hacker hanno lanciato alla privacy dei politici americani. DCLeaks, infatti, lo ha pubblicato insieme alle mail di alcuni collaboratori della Casa Bianca, addetti alla sicurezza della First Lady. L’annuncio lo ha mandato alle otto di mattina lo stesso sito, che nei giorni scorsi aveva pubblicato i messaggi privati dell’ex segretario di Stato Colin Powell, dove Donald Trump veniva definito «una disgrazia nazionale», e Hillary Clinton una persona che «rovina tutto quello che tocca con la sua arroganza».
Stavolta nel mirino di DCLeaks, che secondo l’intelligence americana è stato creato o ha stretti contatti con i servizi segreti russi, sono finite le mail di Ian Mellul, un funzionario di livello non alto alla Casa Bianca, che però gestiva i trasferimenti di Michelle, coordinando l’attività di protezione del Secret Service con quella dei dipartimenti di polizia locali. I messaggi sono per la maggior parte innocui, o anche noiosi, perché contengono soprattutto comunicazioni di servizio. DCLeaks, però, sostiene che uno trasmetteva l’immagine del passaporto della moglie del presidente (ma non è possibile verificarne l’autenticità). La morale, in sostanza, è che la sicurezza delle massime istituzioni americane è a rischio.
Mellul divideva il suo tempo fra la Casa Bianca e la campagna presidenziale di Hillary Clinton, con cui è passato ora a lavorare. Gli hacker quindi hanno catturato anche queste comunicazioni, mettendole in rete. I messaggi non rivelano verità particolarmente imbarazzanti, come quelli che invece erano stati rubati alla direzione del Partito democratico alla vigilia della Convention di Philadelphia, dimostrando che la leadership aiutava Hillary e affossava Bernie Sanders. Quei documenti avevano costretto alla presidentessa del Democratic National Committee, Wasserman, a dimettersi. In questo caso invece si scopre che Arielle Medina, una ragazza incaricata di coordinare i viaggi della Clinton, prendeva un compenso di 150 dollari al giorno, ma doveva dividere la stanza in albergo con altri volontari e viaggiare con i mezzi pubblici.
Anche in questo caso, le curiosità sono due. La prima è la facilità con cui gli hacker sono riusciti a mettere le mani sulle mail della campagna di Hillary. La seconda, meno sorprendente, è la comunicazione diretta fra la Casa Bianca e la squadra di Clinton, con diversi impiegati e funzionari che sono passati da una all’altra negli ultimi mesi. Il punto più preoccupante è soprattutto il primo, e non è una novità. Alcuni hacker stanno cercando qualunque documento sulle elezioni, forse per condizionarle a danno di Hillary. Il problema vero è che ci riescono, e quindi chissà cosa potranno fare, quando punteranno sulle informazioni più segrete e delicate dello Stato.