Corriere della Sera, 23 settembre 2016
Belen come Tiziana: «Per colpa di un video hot persi un bambino»
«Quando ho sentito la notizia del suicidio di quella ragazza mi sono messa a piangere perché una cosa del genere è successa anche a me e so che violenza sia. Sono stata depressa per due mesi, non uscivo di casa per la vergogna e persi un bambino».
Questa volta l’immagine di Belén è lontana da quei cliché che lei stessa contribuisce ad alimentare. La farfallina e il gossip evaporano in un istante se l’argomento diventa il video che ha portato Tiziana Cantone al suicidio. Anche a Belén è capitato. Era ancora minorenne quando girò un video a luci rosse con il fidanzato di allora. Che tempo dopo lo mise in Rete contro la sua volontà. Era il 2011 e lei era legata a Fabrizio Corona. «Sono forse l’unica a non avere mai visto quel video. Ero molto giovane e feci di tutto per bloccarlo ma non ci fu verso e quando mi trovai in lacrime davanti a un giudice, una donna per altro, mi disse: “Chi mi dice che non lo abbia messo in giro proprio lei per farsi pubblicità?”. La cosa assurda è che ancora oggi il mio video lo puoi vedere solo con un clic».
Lei che ha quattro milioni e mezzo di follower su Instagram aveva pensato di fare un post per mettere in allarme chi usa in modo leggero i social, lei che pure della vetrinizzazione di se stessa ha fatto un brand. Ma un conto sono le pose scelte, le trasparenze consapevoli, i selfie studiati. Un altro le pugnalate vigliacche di persone che credi amiche: «Ho rinunciato a scrivere quel post. Ho pensato che quella storia sarebbe tornata ancora una volta a galla e sarebbero riapparsi i link del video». Aggiunge: «Purtroppo non abbiamo armi per difenderci. E poi per una donna è molto peggio che per un uomo», a sottintendere che la società è ancora maschilista. Infine promette: «Noi ci siamo per questa battaglia».
Il noi è riferito a Michelle Hunziker al suo fianco per una settimana come conduttrice di Striscia la notizia e già da tempo impegnata con l’avvocata Giulia Bongiorno con Doppia Difesa, una Onlus per assistere le donne vittime di discriminazioni, violenze o abusi: «Tutti abbiamo fatto cavolate da ragazzi – spiega Michelle —, ma oggi bisogna fare tre volte più attenzione. Lo dico sempre anche a mia figlia Aurora: non bisogna mai lasciare tracce. Non solo le foto, ma nemmeno cose scritte. Anche le cose che ti sembrano più innocenti, rischiano di rimanerti addosso per sempre».