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 2016  settembre 01 Giovedì calendario

Rincorrendo la teoria del caos lungo il Danubio

Il Danubio e il Reno costituiscono un ottimo esempio dell’aspetto caratteristico della teoria del caos: il fatto, cioè, che piccole variazioni iniziali possono portare a grandi cambiamenti finali. Nello specifico, le sorgenti del Danubio si situano a soli cento metri (!) dal bacino del Reno, nella Foresta Nera. E già i cartografi di Carlo Magno si erano accorti che le parti navigabili dei due fiumi si sarebbero potute congiungere scavando un canale di soli tre chilometri tra loro affluenti: un’idea realizzata un millennio dopo da Ludovico I di Baviera, e in seguito ampliata nel grande canale che dal 1992 collega il Meno e il Danubio, permettendo un’interrotta navigazione da Rotterdam a Istanbul.
Nonostante la loro vicine origini, però, i due fiumi si trovano in due bacini idrografici diversi, definiti dagli spartiacque topografici europei che determinano se un corso d’acqua finirà nell’Atlantico, nel Mare del Nord o nel Mar Baltico, oppure nel Mediterraneo, nell’Adriatico o nel Mar Morto. Per questo il Reno, benché nasca in Svizzera, scorre verticalmente e sfocia a estuario nel Mare del Nord, mentre il Danubio, benché nasca sopra il Reno, scorre orizzontalmente e sfocia a delta nel Mar Nero. Più diversi di così sarebbe difficile immaginarli, anche se agli inizi una parte dell’acqua del Danubio finisce comunque nel Reno, infiltrandosi nelle rocce calcariche del Giura in un fenomeno chiamato “scomparsa del Danubio”, che i geologi pensano porterà nel tempo alla sua totale estinzione.
Per ora, però, con i suoi 2.860 chilometri il Danubio è il secondo fiume europeo, dopo il Volga. Attraversa dieci stati, passa per quattro capitali (Vienna, Bratislava, Budapest e Belgrado) ed è il più lungo fiume navigabile europeo, oltre che il più lungo ciclabile. Si può costeggiare in bici dalle sorgenti alla foce, seguendo le tracce dell’antica strada romana che collegava le fortificazioni, e imbattendosi in castelli e monasteri, paesi e città.Non tutta la ciclabile del Danubio è ugualmente servita da ben segnalate piste. Il tratto ottimale e più popolare è quello austriaco tra Passau e Vienna, nel corso dei 300 chilometri, nel quale il fiume triplica la sua portata e passa da 600 metri cubi al secondo a 1.900, che diventeranno 6.500 allo sbocco sul Mar Nero. A proposito di colori, e nonostante il titolo del famoso valzer di Strauss Sul bel Danubio blu (1867), il fiume cambia tonalità a seconda dei luoghi, passando dal verde al marrone al nero: Strauss non conosceva Eraclito, se no avrebbe saputo che non si vede mai due volte lo stesso fiume dello stesso colore.
Poiché le piste ciclabili a volte costeggiano una riva del Danubio e a volte l’altra, spesso lo si deve attraversare su ponti o traghetti, osservandolo continuamente da punti di vista diversi. Ma nessuno è così spettacolare come la cima della collina di Schlögen, dove il fiume si piega in un’ansa a ferro di cavallo che non ha nulla da invidiare a quelle del Colorado, ed è uno dei luoghi più fotografati dell’Austria.
In una cinquantina di chilometri si arriva a Linz. Benché Mozart vi abbia soggiornato per qualche giorno nel 1783, l’ospite più importante della città è stato Keplero. Vi arrivò nel 1612 e vi rimase per quattordici anni, soggiornando in una casa tuttora esistente. In quel periodo scoprì la sua terza legge sul moto dei pianeti, che stabilisce la proporzionalità tra il quadrato dell’anno planetario e il cubo del raggio dell’orbita, e scrisse tre capolavori: l’Epitome dell’astronomia copernicana (1617, 1620 e 1621), L’armonia del mondo (1619) e le Tavole rudolfine (1623).
A Linz crebbero anche Ludwig Wittgenstein e Adolf Hitler, che erano coetanei e vi frequentarono la stessa scuola. E a venti chilometri dalla città si arriva al campo di concentramento di Mauthausen, uno dei luoghi in cui i nazisti usarono le camere a gas e il famigerato Ziklon B. Purtroppo corresponsabili delle 3.455 vittime qui asfissiate, così come di tutte le morti analoghe durante la Seconda Guerra Mondiale, sono anche gli scienziati.
Uno, in particolare: Friz Haber, il chimico tedesco che nel 1918 vinse il Nobel per la scoperta del processo di sintesi dell’ammoniaca, fondamentale per fertilizzanti ed esplosivi. Durante la Prima Guerra Mondiale Haber aveva coordinato la produzione e incitato all’uso delle armi chimiche, in particolare del cloro, in una folle competizione con il Nobel francese Victor Grignard. Ed era stato Haber a produrre, negli anni ’20, l’acido cianidrico Ziklon A, usato come fertilizzante e poi come gas letale. Il peso morale portò la sua prima moglie e due suoi figli al suicidio. Haber morì in esilio nel 1934, prima di assistere all’uso della sua invenzione su un milione di ebrei.
Un’ottantina di chilometri dopo Mauthausen si trova Melk, sede di un’imponente abbazia benedettina, attiva da quasi un millennio. La sua biblioteca barocca è spettacolare, e deve aver affascinato Umberto Eco: l’immaginario narratore del Nome della rosa è l’anziano monaco Adso, che racconta un episodio occorsogli quand’era novizio dell’abbazia di Melk, appunto.
L’intero percorso del Danubio è punteggiato da dighe che testimoniano come l’acqua venga ecologicamente utilizzata a fini idroelettrici. Una sessantina di chilometri dopo Melk ci si imbatte però nella centrale nucleare di Zwentendorf, l’unica che sia stata costruita in Austria. Ma anch’essa non è che un monumento ecologista, visto che non è mai entrata in funzione: terminata nel 1978, un referendum che raccolse il 50,5% dei consensi ne impedì l’apertura e fece abortire il programma nucleare austriaco.
Ormai Vienna non dista che una cinquantina di chilometri, ma a metà strada rimane da fare una sosta a Tulln, città natale di Egon Schiele. Un piccolo museo ricorda il pittore e ne illustra la breve vita, tragicamente conclusa nel 1918 a ventott’anni dalla Grande Influenza Spagnola, che uccise cinquanta milioni di persone: cinque volte di più delle vittime della Prima Guerra Mondiale, che comunque le aveva preparato il terreno abbassando le difese delle popolazioni coinvolte.
Le amare opere di Schiele si possono vedere a Vienna, al Museo Leopoldo e al Belvedere insieme a quelle zuccherose del suo maestro Gustav Klimt. Così come a Vienna si possono tirare le fila di molte altre suggestioni offerte dalla ciclabile del Danubio: ad esempio, scoprendo in uno dei cortili dell’Hofburg un orologio con le fasi lunari ideato da Tycho Brahe, maestro di Keplero. O in una sala della reggia di Schönbrunn il luogo del primo concerto a corte del piccolo Mozart. O sulle scale dell’Università il luogo dell’assassinio di Moritz Schlick, fondatore del Circolo di Vienna ispirato da Ludwig Wittgenstein. Oltre, naturalmente, alle innumerevoli suggestioni offerte da Vienna stessa, che però richiedono un viaggio a sé stante: magari da fare anch’esso in bici, sulle innumerevoli piste ciclabili che abbondano pure in città.4. Continua