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 2016  settembre 01 Giovedì calendario

Tutti contro il Fertility Day

Franco Vanni per la Repubblica
Una donna in maglia rossa, con in mano una clessidra. Al fianco, lo slogan: «La bellezza non ha età. La fertilità sì». È l’immagine forte del Fertility Day, campagna per l’informazione sul tema del concepimento promossa dal ministero della Salute. L’iniziativa ha scatenato fortissime critiche sui social network, rivolte soprattutto al ministro Beatrice Lorenzin. E anche Palazzo Chigi non ha gradito l’iniziativa. Lo scrittore Roberto Saviano su Facebook e Twitter attacca: «È un insulto a tutti. A chi non riesce a procreare e a chi vorrebbe ma non ha un lavoro. E il 22 mi rovinerà il compleanno».
La campagna avrà infatti il suo culmine il 22 settembre, “giorno della fertilità”. L’evento coinvolgerà tutti i Comuni Italiani attraverso l’Anci, oltre a giovani, famiglie, medici, farmacisti, ordini professionali, associazioni e società scientifiche. In quattro città, Roma, Bologna, Catania, Padova saranno organizzate tavole rotonde mentre nei “villaggi della fertilità”, esperti, associazioni e società scientifiche, offriranno alla popolazione consigli e screening.
A Saviano e a tutti coloro che attaccano l’iniziativa (compresi deputati e sentatori di Movimento 5 Stelle e Sinistra italiana) risponde la stessa Lorenzin: «Non è nostra intenzione fare una campagna per la natalità, ma prevenzione. L’infertilità è una questione di salute pubblica. Abbiamo istituito un tavolo di lavoro dove erano presenti medici, psicologi, sociologi ed economisti. È stata individuata la necessità di informare le persone, perché spesso manca la consapevolezza dei tempi della fertilità, che varia a seconda delle età». Fra chi ha contribuito a fare dell’hashtag #fertilityday un “trend topic” nazionale, anche la scrittrice Michela Murgia, che su Twitter ha scritto ironica: «Non avevo intenzione di procreare, ma la campagna #fertilityday mi ha convinta!». Nel pomeriggio di ieri, il sito web dell’iniziativa è anche stato vittima di un attacco hacker, che lo ha oscurato per diverse ore.
Molti, in Rete, i paragoni fra l’iniziativa del governo e le campagne fasciste per la promozione delle nascite, incentrate sulla figura della “femmina fattrice”. Ma il ministro ribadisce come non sia stata fatta «nessuna propaganda», ma si sia semmai attuata una «politica di aiuto concreto, inserendo fra i livelli essenziali di assistenza la fecondazione assistita, anche in forma eterologa».
A difesa dell’iniziativa è intervenuta anche Eleonora Porcu, specialista della fertilità e capo del tavolo tecnico. «Lo dico come operatore con trent’anni di esperienza – sottolinea Porcu – ho visto il dolore delle persone che a un certo punto cercano un figlio e non possono averlo, e spesso perché non erano a conoscenza del funzionamento del proprio apparato riproduttivo».
La questione della fertilità è da sempre un tema caro al ministro Lorenzin. Già nel gennaio 2015, quando a 43 anni rimase incinta di due gemelli, in un’intervista si rivolse alle coppie in cerca di un figlio: «Ho 43 anni e questa gravidanza, cercata, voluta, è arrivata quasi fuori tempo massimo. Mi ero quasi rassegnata».

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Michele Serra per la Repubblica
Chiamarlo Giorno della Fertilità avrebbe avuto un inevitabile retrogusto da Ventennio, con l’esortazione alle fattrici italiane di dare soldati alla Patria. E benedizione del parroco alle spose gravide. E dunque l’angloma Fertility Day, indetto per il 22 settembre del ministero della Salute, suona, più che renziano, prudentemente eufemistico rispetto a un argomento in sé minaccioso, perché si intromette in cose privatissime, e a forte rischio di motto di spirito.
Probabile che la ministra Lorenzin e i suoi collaboratori sapessero, o almeno intuissero, di addentrarsi in un campo minato. Incoscienti o coraggiosi che siano, va loro riconosciuto il merito di esercitare con abnegazione il loro ruolo, perché un comune mortale, di fronte a meno della metà delle reazioni acide, dei commenti ostili e delle facezie raccolti in poche ore dal Fertility Day, si chiederebbe chi glielo ha fatto fare.
Glielo ha fatto fare, probabilmente, la constatazione che esiste, in Italia più ancora che nel resto d’Europa, un problema di denatalità grosso come una montagna. Si mettono al mondo pochissimi figli, tanto che l’immigrazione ha sempre più le sembianze (e il valore) di una massiccia importazione di giovinezza in una società che sembra produrre soprattutto vecchiaia. Peccato che un Fertility Day promosso dal ministero della Sanità abbia l’inevitabile effetto di defalcare, appunto, a “problema sanitario”, o di educazione genitale (si dirà così?) quello che con ogni evidenza è un problema economico e sociale.
Non si fanno figli prima di tutto perché non si ha un lavoro per mantenerli e una casa per metterceli, perché ci si sente precari, perché la madre è sempre certa ma il futuro sempre incerto. Eventuali componenti narcisistiche (non si fanno più figli perché gli adulti occidentali tendono a restare per sempre bambini, e i bambini non fanno bambini) esistono certamente, ma non sono il cuore della questione. È molto probabile che prospettive economiche e psico-sociali un poco meno depresse, e deprimenti, avrebbero effetti fertilizzanti. Meno probabile che sia una campagna di educazione ai piaceri della famiglia a risvegliare la voglia di diventare genitore di ragazze e ragazzi che spesso dipendono ancora, quasi in tutto, dai propri genitori. Quando le generazioni si insaccano l’una nell’altra, generare diventa vagamente claustrofobico, no?
D’altra parte, lo zelo delle istituzioni obbedisce a logiche “naturali” di ottimismo e di virtuosità che i cittadini, specie quando sono di malumore, non riescono ad accogliere con il favore e la cortesia che meriterebbero. C’è poi, nello spirito italiano, un’irriducibile avversione, perfino superiore a quanta ne basterebbe, per l’intromissione pubblica nelle scelte private. Mio nonno, italiano di mondo vissuto per quasi l’intera vita a New York, se la rideva di gusto dei Syphilis Day e dei Single Mother Day (Giornata della sifilide, Giornata della ragazza madre) ai quali le signore benpensanti e benefacenti lo esortavano a partecipare, ovviamente con obolo da versare alla causa prima di tracannare numerosi cocktail. Ma era, appunto, un signore molto navigato, e guardava alla ingenua filantropia puritana con una punta di esilarato cinismo. Magari, però, le ragazze madri e gli affetti da malattie veneree ricavarono, da quelle attenzioni e da quella retorica soccorrevole, qualche sollievo e qualche vantaggio.
Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, ma possiamo indirizzare alla ministra Lorenzin un augurio che ci sollevi, chi più chi meno, dal nostro disincanto: che almeno un paio di culle si riempiano proprio in virtù delle raccomandazioni e dei suggerimenti del Fertility Day, facendo registrare, il 22 settembre, un’impennata anche minima del tasso di natalità. Si sa che basta uno 0,01 in più, di questi tempi, a far suonare le campane a festa.
(Noi ci sentiamo esentati per ragioni anagrafiche. L’età ha i suoi vantaggi).