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 2016  settembre 01 Giovedì calendario

«Altro che avviso di garanzia, dovrebbero darmi l’Oscar». Intervista al sindaco di Amatrice

La felpa blu con la scritta Amatrice ormai è un cimelio, da battere all’asta. Il sindaco Sergio Pirozzi, 51 anni, due figli, la indossa tutte le sere, dal 24 scorso, appena la temperatura va giù. «Voi che scrivete di edifici comunali fuori norma, di interrogatori del sindaco da fare domani», esordisce tonante, «lo sapete che cos’è questo?».
Il Centro operativo e di coordinamento.
«La presenza di questi container ha salvato il mio paese».
Dei container?
«Fino a giugno sono stati il liceo. L’avevamo spostato qui perché il vecchio edificio, nella parte alta di Amatrice, era impraticabile. Sono andato in Provincia, molto prima del terremoto, e gli ho detto: “Qui non c’è niente a norma e ora voi chiudete l’edificio sennò vi denuncio. Con i soldi dell’affitto che risparmio compro i moduli e ci trasferiamo tutti gli studenti dentro. Ho fatto portare i container vicino alla vecchia Capranica e ora scopriamo che è stato un miracolo, solo qui potevamo sistemare le stanze dell’emergenza. Lo si deve a me e alle mie scelte politiche».
Sindaco, stanno emergendo responsabilità della sua amministrazione nella ristrutturazione della scuola Capranica, nei mancati controlli all’Hotel Roma e alla casa di riposo Don Minzoni, nella prevenzione, nei ritardi.
«Non vede come sono sereno? Posso andare dal magistrato domani. Parlo per quattro ore e si sgonfia tutto. Poi mi arricchirò con le querele».
Siamo all’ottavo giorno dal sisma, può iniziare a spiegare? La ristrutturazione della scuola, nel 2012, era antisismica o no?
«No».
All’inaugurazione lei la vendette come tale: «Si è provveduto alla fasciatura di tutti i pilastri con fibre di carbonio, il rinforzo tradizionale dei pilastri centrali, la messa in sicurezza delle tamponature esterne e delle tramezzature interne».
«Non l’ho detto».
Ci sono le cronache, 13 settembre 2012.
«Le inquadro la situazione perché a me devono dare l’Oscar, altroché contestazioni. Nella primavera del 2009, dopo il terremoto dell’Aquila, prendo la macchina e vado dalla Protezione civile del posto. Ho timori per la mia scuola, chiedo che cosa devo fare. Torno ad Amatrice e decido di affidare uno studio a una società privata. Non chiedo soldi a nessuno, li tiro fuori dal bilancio del Comune. Non ho un euro, c’è il patto di stabilità, ma trovo il denaro e pago uno studio ingegneristico e geologico. Lì dentro leggerò che la scuola può reggere a un sisma di grado X. Tenuta strutturale, torsione dei muri. Non sono un tecnico, ma le conclusioni sono quelle: si può stare tranquilli».
Perdoni sindaco, grado X che significa?
«Non posso ricordare tutto, stiamo mettendo a posto le carte. Diciamo 4, ma vado a spanne».
Però, dopo quello studio rassicurante, ordina nuovi lavori di consolidamento. Soldi della Regione, urgenza anti-sismica. Così tranquillo non era.
«Se un edificio tiene 4 provi a portarlo a 5».
Il problema è che è arrivato un sisma da 6.
«È quello il punto: la violenza della scossa. Io ne ho sentite tante di botte nella vita, ma questa volta me la sono fatta sotto».
Perché ad Accumoli, epicentro di questo sisma, è crollato solo un campanile e ad Amatrice è venuta giù mezza città. Non c’entra la qualità delle case?
«Non lo so, non lo so, ma l’ha vista l’onda sismica? Dovete studiare anche qui. La segua e avrà delle spiegazioni. Perché certe frazioni di Amatrice hanno tenuto e altre no? Non sono un tecnico, ma un sindaco che ha dato indicazioni politiche chiare per la messa in sicurezza. Gliene dico un’altra».
Prego.
«La Provincia ha 200mila euro per ristrutturare il palazzo comunale. Casa mia, eh. E io che faccio: invece di salvaguardare me stesso ne investo 150mila sulla scuola alberghiera. Questa qua. Un avviso di garanzia? Un premio mi devono dare».
È vero che un vostro impiegato ha inviato ai cittadini i moduli per ottenere un co-finanziamento dalla Regione fuori tempo massimo?
«È vero».
E lei non l’ha cacciato?
«Mi sono infuriato, ma poi gli ho fatto fare l’istruttoria lo stesso. Erano 13mila euro a famiglia, e che metti in sicurezza con questa cifra. Infatti hanno richiesto il finanziamento in quattro e l’anno dopo in due. Ma si che stiamo a parlare?».
Nel 2012 avete redatto un piano di protezione civile comunale che individuava otto aree a rischio, tra cui l’Hotel Roma e la casa di riposo Don Minzoni. Nei successivi quattro anni che avete fatto per metterle in sicurezza?
«Andavamo dai titolari, spingevamo, ma quelle sono strutture private, fanno come vogliono».