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 2016  agosto 30 Martedì calendario

Muri di polistirolo e caccia alle streghe. Sull’inchiesta della scuola piovono bufale e polemiche

Caccia alla spectre che ha lucrato sulle case di Amatrice e dintorni. È questo il clima che si va addensando sul dopo sisma, prima ancora di aver estratto l’ultimo corpo dalle macerie. Proprio come successe all’Aquila nel 2009. E proprio come allora, la caccia alle streghe brucia di indignazione alimentata col carburante di notizie distorte o vere e proprie balle. Eccole, una per una.
La sabbia. La più clamorosa: sette anni fa il sospetto che nei pilastri dei palazzi dell’Aquila ci fosse «sabbia di mare al posto del cemento» provocò un sussulto di indignazione. Peccato che fosse falso: portare la sabbia del mare fino all’Aquila sarebbe costato più del cemento. La stessa bufala si è riaffacciata ad Amatrice, appesa a una battuta del capo della Procura di Rieti, Giuseppe Saieva, il quale parlando di un singolo edificio sbriciolato come se avesse «più sabbia che cemento», si è visto attribuire un giudizio tecnico su 115 palazzi di Amatrice crollati. «Frase estrapolata», ha poi detto il magistrato. Oltretutto, la quantità di cemento nei pilastri, dicono i tecnici, non è tra i principali fattori di resistenza alle scosse. E la sabbia non costa tanto meno del cemento.
Il polistirolo. «Nei muri della scuola crollata c’era polistirolo», denuncia un altro quotidiano. Già, peccato che il polistirolo sia un materiale di uso comune come isolante. E che esistano moderni e resistenti casseri (le «forme» in cui si versa il calcestruzzo per fare i pilastri), fatti di polistirolo oltre che di maglie metalliche.
I tetti pesanti. Alcune case appaiono sbriciolate ma con i tetti intatti. Sarebbe la prova che le strutture portanti sono state indebolite con abusi edilizi, stando a un’altra vulgata che echeggi in articoli e servizi tv. «È possibile che ci siano stati abusi – dice Gian Michele Calvi, tra i massimi esperti italiani di ingegneria anti sismica – ma dal punto di vista tecnico non c’è alcuna correlazione con lo stato dei tetti».
La scuola antisismica. Tra le notizie che hanno destato più scandalo c’è il fatto che la scuola di Amatrice sia crollata nonostante fosse stata ristrutturata in funzione anti sismica. Ieri l’impresa costruttrice ha smentito di aver mai ricevuto l’incarico di rendere la scuola a prova di terremoto. L’inghippo sta nelle norme tecniche sulle costruzioni: i lavori alla scuola «Capranica» sono stati di «miglioramento anti sismico», procedura prevista dalla legge, secondo cui è tale ogni lavoro di ristrutturazione che rende un edificio più resistente alle sollecitazioni di un terremoto. Altra cosa è «l’adeguamento anti sismico», che interviene quando si riduce la probabilità di danneggiamento da sisma a un livello minimo previsto dalle norme. «Ho osservato la scuola e credo che ci sia stato un intervento di miglioramento anti sismico non di adeguamento – conferma Raffaele Nardone, consigliere dell’Ordine nazionale dei geologi – oltretutto un intervento non totale, perché a crollare è stata una parte dell’edificio ancora tuttora a tecnica mista, non in cemento armato».
Le speculazioni. Il tono generale dei resoconti sull’inchiesta fa pensare a speculazioni di chi ha costruito per lucrare risparmiando sulla qualità delle opere. Nel tritacarne finisce il costruttore che ha ristrutturato la «Capranica», secondo il copione di un infernale meccanismo giustizialista in cui anche un cognome diventa indizio: Gianfranco Truffarelli, si chiama il malcapitato impresario. Si gettano ombre sul sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, il quale si difende: «In quella scuola vanno i miei figli». E l’osservazione basterebbe a smontare l’ipotesi di dolo per la maggior parte delle case di Amatrice, in gran parte realizzate in proprio. Il problema culturale e politico, la carente cultura anti-sismica italiana, viene così tramutato in giudiziario. Errori di costruzione, leggerezze, ignoranza dei criteri anti-sismici? Probabilmente ce ne sono stati. Dolo? È tutto da dimostrare. Da ieri giustamente la Procura di Rieti ha autorizzato i vigili del fuoco a recuperare le carte necessarie all’inchiesta da sotto le macerie. Ma è un dramma che non sarà mai un tribunale a risolvere.