la Repubblica, 30 agosto 2016
Consigli da Jury Chechi per far ripartire la ginnastica
Jury Chechi e la ginnastica, la sua ginnastica, a quota zero medaglie a Rio. Vent’anni fa il “rosso” vinceva agli anelli un oro olimpico che mancava dal ’64 (Menichelli a Tokyo). «Ma nella ginnastica di oggi non so più se vincerei. Di sicuro avrei dovuto modificare il mio esercizio, quello di Atlanta non bastava».
Più bravi oggi?
«A Rio si è vista un’Olimpiade bellissima, con un livello altissimo. La ginnastica è arrivata al limite, l’ha sorpassato, è andata oltre. Ricordo la difficoltà di un triplo al volteggio, ho visto atleti sfidare un quadruplo in avanti. Troppi rischi, molti infortuni».
Simone Biles ha spinto l’acceleratore, e non si torna più indietro?
«Lei ha doti fisiche uniche, elevazione, potenza. Personalmente preferisco l’eleganza della Khorkina, della Comaneci, e sono sicuro che in futuro torneranno a prevalere le capacità artistiche sulle acrobazie».
Tra gli uomini un solo italiano in gara, Edalli 44°.
«Andare male può capitare, ma non esiste finire diciannovesimi a squadre nel Mondiale che qualifica alle Olimpiadi. Non è degno della nostra scuola. È triste, e non è solo colpa dei ginnasti, ma del modo in cui vengono gestiti. Ormai si è creato un gap che non può essere colmato, nemmeno durante il quadriennio che porta a Tokyo. Non capisco questo clima poco sereno, troppo antagonista, che ho percepito nel nostro ambiente».
Anche Vanessa Ferrari & C. sono uscite a mani vuote.
«Ma nel settore femminile c’è meno da preoccuparsi: due finaliste, una medaglia sfiorata, giovani in arrivo. Bisogna solo rimettere il ct Casella nelle condizioni di dare il massimo».
La medaglia poteva arrivare dalla ritmica, ma le “farfalle”, quarte, si sono lamentate delle giurie.
«Esiste un problema giurie, ma fa parte di questo sport. Bisogna lavorare anche su quello».
Ci sono forti sospetti che qualcuno l’abbia già fatto…
«Ma io non parlo di pagare i giudici, meglio una sconfitta pulita che una vittoria sporca. Bisogna essere capaci di fare quel che fanno gli altri».
Cioè?
«Mettere in condizione gli atleti di ottenere il meglio, attraverso la diplomazia che è fondamentale per fare i propri interessi».
Ma ad Atlanta lei non vinse col miglior esercizio?
«Non solo, ma anche grazie al lavoro di anni della federazione per fare in modo che il mio esercizio fosse valutato come il migliore. L’Italia della ritmica si è dimostrata la seconda più bella e più brava a Rio, perché questo lavoro “diplomatico” non è stato fatto?».
Si sta candidando come presidente della ginnastica?
«Da dodici anni sono fuori dalla federazione, il presidente Agabio in passato ha fatto un buon lavoro e ora sta uscendo di scena. Sì, certo, mi piacerebbe dare il mio contributo, con questo un mondo sono in debito».
Cos’ha fatto da Atene a oggi?
«Dopo aver vinto un bronzo olimpico da vicepresidente federale, ho fatto l’imprenditore, il conduttore tv, gestisco un agriturismo, mi occupo di comunicazione».
Ma perché gli ex campioni trovano raramente un posto nello sport italiano?
«Premetto che Malagò è molto favorevole all’inserimento degli atleti, in questi anni troviamo la Bianchedi dg di Roma 2024, Trillini, Cuomo, Cassani, Sensini tecnici. Ma le ragioni sono due».
Prego.
«Alcuni dirigenti vivono di giustificato protagonismo, e la presenza di un grande nome rischia di deviare le attenzioni su un’altra figura. Poi c’è l’aspetto che riguarda l’atleta. L’umanissimo “chi me lo fa fare?”, che prende chi ha raggiunto tutto e può sentirsi appagato».