la Repubblica, 29 agosto 2016
Il tennis a New York, in cerca di un nuovo re
L’abituale presentazione di un torneo del Grand Slam, sulla quale lo scriba non riflette certamente meno dei bookmakers, è stata preceduta, per una volta, da un fenomeno che mi pare abbia implicazioni economiche più rilevanti.
Roger Federer ha infatti agito da quel bravissimo attore ormai divenuto, nel presentare un testo probabilmente architettato dal suo agente Godsick, che ha da più di tre anni un ruolo importantissimo nell’amministrare i cento milioni di dollari, in soli premi, del Divino Roger, moltiplicati 3 o 4 volte grazie agli sponsor. Si tratta, questa volta, di un’imitazione tennistica della Ryder Cup del golf, la gara che raccoglie dal 1927, i migliori d’Europa contro il resto del mondo. Il calendario dell’anno non pareva già abbastanza ingolfato a quei tennisti che si erano negli anni scorsi violentemente lagnati di scendere in campo undici mesi lavorativi l’anno, per poi dedicare dicembre al nuovissimo campionato a squadre delle capitali asiatiche di tennis, una rivisitazione del campionato di team tennis Usa mezzo fallito alla fine degli anni ‘70. Ora la nuova Ryder Cup, inaugurata alla presenza di Rod Laver, che ha fornito il suo affascinante nome di vincitore di due Grand Slam (‘62 e ‘69), dei due futuri capitani Borg per l’Europa e McEnroe per il Resto del mondo, e di Federer e Nadal malconci per troppo tennis, ma decisissimi nel progettare nuove rendite future, ha trovato un posto nel calendario del 2017 a settembre, dunque prima del Masters Atp World Tour Finals e della finale di Coppa Davis. Poi tutti pronti per le vacanze strapagate nelle capitali asiatiche, con le gare di team tennis, e l’inizio della stagione australiana, a Brisbane, l’Open del Qatar che offre a gennaio 1.300mila dollari, premio triplo di quelli dei poveri australiani. Si vede, a questo punto, quanto sia nociva la presenza di tre strutture mondiali nell’organizzazione della stagione tennistica. Si tratta della vecchia Federazione internazionale (Itf) proprietaria (tramite le singole federazioni) dei quattro Grand Slam e della Davis, con 150 milioni di dollari di premi. La Atp (Associazione Tennisti Professionisti) organizzatrice dei tornei, eccettuati gli Slam con 100 milioni di premi. E la Wta (Women Tennis Association) organizzatrice del circuito femminile. Quando nacquero (all’inizio degli anni ‘70) le due organizzazioni – donne e uomini – lo Scriba fece inutilmente parte di un gruppo di appassionati che suggerirono un solo ente organizzatore, tipo Onu, e un commissioner (tipo baseball americano). La proposta era però troppo onesta, e troppo giusta, perché superasse gli interessi di parte. Siamo così arrivati al punto che la fase finale della Davis Cup si svolgerà in futuro in una settimana, se tutto va per il meglio, magari riducendosi a due singolari e un doppio. Mentre qualcuno parla già di un quinto Grand Slam Orientale, che possa soddisfare il centinaio di milioni di telespettatori cinesi.
Sunt lacrimae rerum, o forse solo adeguamenti a un futuro tennistico che un vecchio Scriba giudica più negativo del passato. Nello scusarmi di aver limitato con simili notizie la presentazione degli US Open, ricordo che anche quest’anno, una volta di più, il quarto Major dell’anno sfuggirà alla speranza di Grand Slam. Com’è accaduto a eccezione delle tre volte maschili (Budge 1938, Laver 1962 e 1969) e alle tre femminili (Connolly 1953, Smith Court 1970, Graf 1988). Ricorderò l’immensa sorpresa dello scorso anno, con le italianuzze in finale, e Serena Williams eliminata dalla Vinci, e costretta a spiegarsi con un segreto psichiatra, per aver mancato il settimo Slam consecutivo, in due anni. Quest’anno Djokovic tenterà il 3/4 di Slam, riuscito nel passato 14 volte a 11 giocatori. Troppo lontano per avere un’idea delle sue condizioni di forma, non posso che ricordare la sua eliminazione a Rio, contro un Del Potro già rivisto in salute nella Davis Italia-Argentina, dopo quattro anni di sofferenze e due polsi ribelli. E gettare un pensiero sulle sue difficoltà iniziali, superate le quali, per solito, vince il torneo. Le difficoltà sono rappresentate soprattutto da un 2° turno contro un tipo instabile quale Vesely, uno dei cinque tennisti capace di batterlo quest’anno, a Montecarlo: mancino, e non per caso. Tra i possibili esplosivi si trova quel Cilic che due anni orsono frantumò Flushing a gran colpi di battute e diritti, e che ha battuto il Murray post olimpico la settimana scorsa a Cincinnati. Quel Murray più regolarista di uno spagnolo che avrà due difficili match contro Dimitrov e, se lo batte, Nishikori. Ma perché dimenticare il Wawrinka dello Australian Open 2014 e Roland 2015, sempre capace di grandissime giornate, così come di nerissime? Federer legge gli indici di borsa, Nadal si cura il polso giocando. Un sistema per poter dire che i Fab Four sono diventati due. Ma che sono, secondo i bookmakers, ancora favoriti.