Corriere della Sera, 29 agosto 2016
Italiani, un popolo di libertini pudici tra le lenzuola
Rievocando la sua pre-adolescenza nel romanzo La scuola cattolica, Edoardo Albinati confessa che, in fatto di sesso, «la principale stimolazione ci veniva dalla televisione e dalle barzellette sporche, di cui...raramente coglievo il senso».
Si era a metà degli anni Sessanta, proprio quando Pasolini attraversava il Paese testimoniando, nel documentario Comizi d’amore, il corale balbettio imbarazzato che accompagnava le opinioni sulla sessualità. E la sensazione, oggi, riguardando quelle scene sfocate, coincide con quella colta da Albinati: la difficoltà di parlarne serenamente, l’urgenza di associare parole come masturbazione o omosessualità a qualcosa di comico, come se fosse un concetto pesante, da alleggerire con l’ironia. O a qualcosa di sporco, da reprimere con divieti, censure e rimozioni.
Nella nostra inchiesta Sesso e Amore (cardine dell’edizione 2016 de Il Tempo delle Donne, il 9-10-11 settembre alla Triennale di Milano) siamo partiti da qui. Da Pasolini e da quell’indagine rivoluzionaria, compiuta peraltro alla vigilia del ‘68, per capire quanto e che cosa oggi è cambiato. Abbiamo indagato il rapporto degli italiani con la prostituzione, con le «pause» della vita sessuale di coppia, con il coming out sull’omosessualità e decine di altri temi.
Qui aggiungiamo un tassello: i risultati della ricerca che abbiamo proposto tramite Corriere.it – e che da oggi sarà di nuovo accessibile sul sito. Domande semplici rivolte a chiunque, sulla frequenza con la quale si fa sesso, sul grado di soddisfazione, sul concetto di trasgressione. Sorpresa: rispetto ai risultati dell’ Indagine sulla sessualità compiuta nei mesi scorsi dal nostro Centro statistiche su un campione rappresentativo di mille italiani, le risposte date finora dai lettori online del Corriere (sono stati raccolti 13.032 questionari e di questi ne sono stati analizzati 7.437) virano molto di più su toni libertini.
Per esempio, la media dei partner dichiarati passa da 9 a 13, 10 per le donne e 15 per gli uomini; la maggioranza, se dovesse scegliere un’epoca in cui vivere, preferirebbe il Duemila con le sue libertà a differenza dell’indagine precedente, dove prevaleva l’Ottocento romantico; ci si spinge maggiormente sul crinale della trasgressione, ammettendo infedeltà più frequenti; è più alta la percentuale di «peso» assegnato al sesso nella vita e nella coppia.
Ma attenzione. La realtà che viviamo ogni giorno e che noi esploriamo con articoli, inchieste e approfondimenti, è molto più complessa e multiforme. È fatta, sì, di maggiore emancipazione e sicurezza sulle questioni sessuali, ma con pudori e paure che resistono. Per esempio, nelle scelte omosessuali: ancora pochissimi ragazzi si dichiarano perché hanno paura. Oppure: aumentano le bugie che raccontiamo al partner e anche a noi stessi nella vita di coppia; ancora oggi quasi 3 milioni di uomini pagano le prostitute per fare sesso (il dato, del 2014, è emerso da un convegno organizzato dal Gruppo Abele), ma senza nessun tipo di allegria cameratesca, anzi vivono nella vergogna, come ci raccontano gli specialisti interpellati. Ecco, il pudore: anche oggi, dopo anni di battaglie per i diritti e dopo l’ultimo traguardo raggiunto, quello delle unioni civili, la sensazione è che quel balbettio imbarazzato che Pasolini e Albinati intercettavano a metà degli anni Sessanta, non si sia completamente spento.
Anzi, per dirla tutta: la sensazione è che ne sia rimasto quel tanto che basta per non riuscire ad affrontare con la giusta sobrietà le questioni civili, sociali e politiche intorno al sesso; come se mancasse quella porzione di laicità necessaria per una discussione serena su temi come le nozze gay, la fecondazione eterologa, persino sulla condizione dei single – specie se parliamo di donne. Franco Del Corno, psicoterapeuta e direttore della collana di Psicologia clinica e psicoterapia della Raffaello Cortina, avanza un’ipotesi suggestiva: «L’età dell’estremismo, quella del ‘68, è stata un’occasione mancata, anche sul piano dei diritti civili: se fossimo riusciti a canalizzare quell’energia di rottura in una capacità di costruire qualcosa, anziché confinarla in una opposizione sempiterna e sterile, magari avremmo davvero fatto la rivoluzione».
Quella tra le lenzuola, che però, come osservano oggi molti studiosi, è rimasta incompleta. Paul Ginsborg, acutamente, ha fatto notare: «In nome della liberazione nascevano nuove forme di oppressione: la più rilevante fu l’obbligo alla libertà sessuale». L’imposizione del libertinismo da una parte e la (parallela) repressione dall’altra, necessaria perché non si avevano gli strumenti giusti per gestire la libertà. Rottura fine a se stessa, a cominciare dai movimenti. È infatti opinione di molti che il femminismo italiano non puntò tanto sull’uguaglianza dei diritti fra uomo e donna, ma sul cosiddetto separatismo.
Forse si spiegano così quelle apparenti schizofrenie che segneranno gli anni a venire: nel 1976, mentre per l’editore Savelli usciva Porci con le ali di Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice (diario sessuale sboccato e senza freni di due adolescenti), la Corte di cassazione condannava Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, ordinandone il divieto di proiezione e il conseguente rogo di tutte le copie. Schizofrenie che, per Del Corno, sopravvivono nelle abitudini sessuali e amorose di oggi.
«In fondo – afferma – quegli anni hanno plasmato il linguaggio che parliamo attualmente. Io lo vedo anche con i miei pazienti: in questioni che apparentemente sembrano risolte, come le preferenze sessuali o le trasgressioni, resiste una vergogna nascosta». Che forse è il frutto di quella mancata rivoluzione o, come afferma l’antropologo Franco La Cecla, autore di Lasciarsi (Elèuthera), nasce da un erotismo «poco diffuso e realmente radicato nella nostra vita, ma piuttosto vissuto come dovere». È come se quelle illusioni liberali si fossero cristallizzare in una serie di slogan e fossero rimaste tali, anche se ci sembra di averle assorbite, metabolizzate.
Si spiega così la costante che attraversa i risultati dei due sondaggi del Corriere, quello effettuato a campione in tutta Italia e quello lanciato sul sito: il «vorrei ma non posso». Cioè, il desiderio di una vita sessuale più attiva o il rimpianto di non avere avuto una educazione sessuale completa – l’inchiesta condotta da Antonella De Gregorio, infatti, sottolinea che, in Italia tutti i tentativi per introdurre la materia a scuola si sono rivelati inutili.
Da dove cominciare, allora, per liberarsi di queste ultime resistenze? Forse converrà restituire al sesso e all’amore quella dimensione molteplice e sfaccettata come ci insegna Amare, un po’ saggio e un po’ romanzo di Gilles Tiberghien, appena tradotto da Einaudi?
O forse la risposta, molto più semplice, viene proprio da uno degli ospiti del Tempo delle Donne 2016, il filosofo Alain de Botton, il quale, in una conversazione con Serena Danna, ha raccomandato di recuperare la normalità dell’amore, al di là di ogni velleità di durata, intensità, perfezione. Quelle sono illusioni perdute, le stesse additate da Pier Paolo Pasolini in tanti dei suoi sulfurei interventi.