Corriere della Sera, 29 agosto 2016
Veloce ripasso dei primi novant’anni della Fiorentina
La Fiorentina compie novant’anni e quello che colpisce, in un anniversario tanto speciale, è l’eterna simbiosi tra la città e la sua squadra. Il filo conduttore di una storia cominciata il 29 agosto del 1926 grazie all’idea del marchese Ridolfi che decise, tra non pochi oppositori, di fondere la Libertas e il Club Sportivo Firenze. Da quel giorno città e squadra sono andate sempre a braccetto, nella buona e nella cattiva sorte, una specie di matrimonio indissolubile.
La Fiorentina è Firenze e un po’, anzi tanto, vale anche il contrario. Dal campetto di via Bellini allo stadio Franchi, dalle prime maglie bianco e rosse a quelle viola, una scelta o forse un bucato fatto male e il giglio sul petto simbolo orgoglioso e fiero di una società e di una squadra che ha attraversato gioie e dolori sempre con la faccia al vento, dai due scudetti al fallimento con Cecchi Gori.
Chi può dimenticare la Fiorentina del professor Bernardini, quella con Julinho e Montuori, i terzini Magnini e Cervato, Beppone Chiappella e Pecos Bill Virgili, campioni d’Italia nel ’56? Una squadra quasi imbattibile, che l’anno successivo arrivò sino alla finale di Coppa dei Campioni persa a Madrid contro il Real. E poi quella del ’69, guidata da Pesaola e capitanata da De Sisti, uno dei grandi «10» della storia viola. Perché qui l’occhio ha sempre voluto la sua parte, vincere si, ma giocando bene. Il 10 è il numero che ha unito generazioni e segnato la storia. Da Antognoni, l’unico capitano secondo i tifosi e ieri allo stadio dopo l’incontro con Andrea e la pace con la famiglia Della Valle, a Baggio; da Rui Costa a Mutu.
Il primo trofeo è stata la Coppa Italia nel ’40, in bacheca ce ne sono sei, accanto alla Coppa delle Coppe, a una Supercoppa Italiana, alla Mitropa Cup che fa parte di un calcio stritolato dal potere scintillante dei soldi. Ieri sera la Fiorentina ha festeggiato allo stadio il compleanno, davanti alla sua gente e ai suoi campioni, Passarella e Daniel Bertoni, Dunga e Toldo, Frey e Ujfalusi, il fratello di Socrates, la famiglia di Julinho, l’Uccellino Hamrin. Dainelli ha guidato il Chievo sino al 90’ e poi ha sfilato insieme agli ex. E c’era Prandelli, votato allenatore ideale di tutti i tempi. Una festa sobria, per non dimenticare il terremoto, bandierine, applausi, qualche lacrima. Anche una bella coreografia. Mancavano Batistuta e Rui Costa, ma con il cuore c’erano anche loro. E il Ponte Vecchio, uno dei simboli della città, si è illuminato e sarà così anche stasera. Perché Firenze e la Fiorentina sono una cosa sola, unica e indivisibile.