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 2016  agosto 26 Venerdì calendario

La vita senzatetto dei lavoratori italiani a Ibiza

Gli yacht e i materassi. Nel porto di Ibiza i barconi degli emiri quasi non c’entrano più, qualcuno si lamenta («distruggono la posidonia»), in tanti guardano ammirati. Nella passeggiata, la sfilza di bar e ristoranti, quasi tutti con un cartello sulla porta, «cercasi personale».
Ecco l’ultima delle contraddizioni di Ibiza: c’è lavoro e non ci sono (più) i lavoratori. Il motivo è semplice, in pochi si possono permettere di vivere qui. I prezzi delle case sull’isola più glamour, alti da sempre, quest’anno sono letteralmente impazziti, costringendo i tanti lavoratori stagionali italiani, ma anche molti spagnoli che qui sono nati, a dover scegliere tra spendere tutto lo stipendio per una stanzetta modesta, o doversi adattare a situazioni assurde.
Le stanze da mille euro
Per accorgersene basta leggere gli annunci in Rete, dove vengono offerti posti sui balconi, su materassi buttati in corridoio, in camere da dividere con sei sconosciuti, nei magazzini di negozi, vasche da bagno e perfino, pare essere l’ultima moda, su baracche, su amache nei boschi e nelle tende in giardino. Neanche a dirlo, tutto in nero. Se la precarietà non bastasse, ci sono le tariffe spaventose: 800-1000 euro per una stanza in un appartamento condiviso, 500 euro per un posto in una doppia, 450 per una tripla. Prezzi vari per i materassi buttati in mezzo al corridoio. Un vecchio camper (fermo) costa anche 800 euro, i materassini in balcone 350 euro. Chi accetta è costretto a lasciare una caparra altissima, tre o quattro mesi anticipati. Tutto in contanti, zero contratto. Per qualsiasi controversia c’è la soluzione: sfratto immediato. L’ideale, infatti, è stipare qualche turista, che resta poco e dopo qualche giorno se ne va.
«Per i ragazzini delle discoteche magari sono sistemazioni divertenti, ma se la mattina dopo devi andare a lavorare è diverso», dice Michele barista veneto in un locale vista mare. Così, l’esperienza estiva spesso finisce molto prima dell’autunno «ormai faccio fatica anche a trovare un cuoco che voglia venire dall’Italia – dice Marco Ninni, barese, proprietario di un ristorante davanti al porto – alcuni dipendenti li ho ospitati in casa, ma non può essere una soluzione. Ho aumentato gli stipendi. Non basta: ormai lavorare qui è una cosa da ricchi».
Venire a Ibiza resta un sogno per molti italiani, il lavoro a volte si trova ancora prima di partire, camerieri, pulizie delle ville, manutenzione delle barche, pr delle discoteche, poi però comincia l’odissea. Praticamente ogni stagionale ha una storia da raccontare, con una premessa, «a casa non devono sapere nulla». «Ho dormito in terrazza con un materasso – dice Paola, toscana di 32 anni – pagavo 350 euro. Ho pensato di tornare in Italia, a tutto c’è un limite». «A me hanno affittato un magazzino di un parrucchiere», aggiunge Daniele. Se l’apparenza luccica, questa è l’isola, per dirne una, con il più alto consumo procapite di champagne al mondo, basta inoltrarsi nei boschi per scoprire un’umanità, di per sé per nulla disagiata, ma di fatto in difficoltà. «C’è una nuova categoria “i lavoratori senza tetto” – dice Maite Barchín della Caritas locale – questo è un sistema che conviene a tanti». Il meccanismo è questo: i proprietari affittano le case, l’appartamento viene, poi, subaffittato stanza per stanza, letto per letto, divano per divano. Nella gran parte dei casi, a subaffittare sono gli italiani, «c’è una vera e propria organizzazione di italiani – prosegue la rappresentante della Caritas – vengono qui a gennaio e rimediano quante più case possibili, per poi fare guadagni spaventosi con i turisti e con i lavoratori». E i controlli? «Servono più ispettori – dice Gianandrea Di Terlizzi, genovese da decenni nell’isola, uno dei leader di Podemos di Ibiza, con un importante ruolo nel Consell – la risposta non può essere costruire nuove case e consumare ancora un territorio già troppo sfruttato».
Infezioni e traslochi
Luca Giaculli, torinese, 31 anni, impiegato in un’impresa di pulizie nelle ville, è uno dei tanti finito in questo meccanismo: «Quest’anno divido la stanza con due ragazze che non conoscevo – racconta – pago 450 euro più le spese, in casa siamo a volte in 13, vengono anche turisti». Eppure questo è l’anno migliore per lui: «Alcuni amici vivono in 18, nel salotto erano in 8. Io ho dovuto fare nove traslochi in nove mesi, in uno degli appartamenti mi sono preso un’infezione a un occhio per la sporcizia».
Diana De Marco, italo-argentina, originaria di Borgomanero, gira da mesi tra Formentera e Ibiza, ora dorme nell’ostello del Comune, dopo qualche notte alla spiaggia. Il marito Alberto si è trovato una sistemazione, «passo le notti in aeroporto, la polizia lo sa, l’altra notte ci hanno fermato poi ci hanno divisi: chi lavorava come me poteva restare, gli altri no. Lo vede? Hanno già un criterio, si sta normalizzando la situazione».