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 2016  agosto 26 Venerdì calendario

Senza governo è meglio. Analisi del caso Spagna

Piuttosto che un governo di inetti litigiosi e senza idee, privi di senso della realtà e di responsabilità, è di gran lunga preferibile che alla guida di un Paese ci sia un esecutivo che si occupi esclusivamente della normale amministrazione, che non si inventi baggianate per accontentare gli uni e gli altri, amici, elettori e pubblica opinione. Sembra un ragionamento alla Catalano, ma evidentemente non è poi così scontato se in Spagna, con tanta insistenza, da otto mesi stanno cercando di traghettare il Paese verso un nuovo esecutivo, un complicato pastrocchio di alleanze e veti incrociati, o verso nuove inutili elezioni, le terze in pochi mesi, che creino i presupposti per un’altra transizione di litigi e improbabili alleanze all’infinito. Eppure la Spagna sembra proprio non abbia bisogno né di pastrocchi di partiti, né di nuove elezioni: sta bene così com’è, col quell’impassibile pilota automatico dell’ordinaria amministrazione, e i numeri lo dimostrano.
LA PERFORMANCE
Secondo i dati pubblicati ieri dall’Ine, l’Istituto nazionale di statistica spagnolo, nel secondo trimestre di quest’anno il Pil di Madrid è cresciuto dello 0,8%, lo 0,1% in più delle ultime previsioni riviste al ribasso il mese scorso. È il quarto trimestre di fila che la Spagna viaggia al ritmo dello 0,8, e secondo le stime quest’anno dovrebbe registrare una crescita del Prodotto interno lordo dello 3,2. Per fare un raffronto l’Italia nel secondo trimestre è rimasta al palo, mentre per l’anno intero è previsto un risicato 1%. Un risultato, quello spagnolo, ottenuto grazie alla crescita dei consumi della famiglie, saliti nel trimestre dello 0,7% (in proiezione annuale saranno del 3,6%), e degli investimenti, che hanno fatto registrare un +1,3%. Anche l’occupazione va meglio: il tasso rimane alto, attorno al 20%, ma nel secondo trimestre sono stati creati 484mila posti di lavoro in più, con un aumento annuale previsto del 2,9%. Per ritrovare dati di crescita di questa portata bisogna risalire a qualche annetto fa, ai tempi di Aznar, quando negli Usa c’era Bush figlio e da noi un baldanzoso e ancor giovane Berlusconi.
Fosse l’unico esempio si potrebbe forse parlare di casualità, ma così non è. Tra il 2010 e il 2011 il Belgio è rimasto 541 giorni senza un governo eletto dai cittadini. Come in Spagna in quel lunghissimo intervallo i ministri si sono occupati dell’ordinaria amministrazione, senza inventarsi tagli, tasse e manovre azzardate. Come in Spagna anche in Belgio in quel periodo di «vacanza» l’economia è cresciuta a ritmi poche volte conosciuti prima: il 2010, anno post-crisi difficile per tutti, si chiuse con un 2% tondo, l’anno successivo stessa performance. Solo la Germania fece meglio in quel periodo. Poi sono arrivati gli accordi, gli inciuci tra valloni e fiamminghi, democristiani e liberali, sono arrivati i tagli, l’austerity e gli scioperi. E il Paese è andato sotto dello 0,2%.
RIMPIANTO BELGA
I belgi rimpiangono ancora adesso quel lungo ma fin troppo breve periodo di «vacanza», così come rischiano di rimpiangere ancora di più gli spagnoli il loro magico 2016 col pilota automatico. All’orizzonte c’è un futuro terribile, un governo composto dai popolari di Mariano Rajoy, il presidente del Consiglio uscente, e dal movimento Ciudadanos di Albert Rivera. I numeri però non sono sufficienti, e allora serve l’astensione dei socialisti di Pedro Sanchez o di qualche deputato di Podemos. Che è un po’ come se una reddiviva Forza Italia pretendesse di governare grazie all’astensione di Renzi e di Grillo, formando un esecutivo che non darebbe nessuna garanzia di solidità, continuità e linea politica. Insomma l’unica cosa che sarebbe in grado di garantire è il caos. Basti dire che il governo è ancora ben lungi dall’essere formato e gli unici che hanno fatto un accordo già litigano, con Ciudadanos che accusa il Ppe di non voler affrontare gli scandali di tangenti che hanno coinvolto il partito di Rajoy negli ultimi anni. Mica roba da niente. E allora, si chiedono gli spagnoli, perché non continuare così, perché impuntarsi e pretendere che ci sia un governo che rappresenti davvero il popolo se poi quel governo fa ripiombare ancora il Paese all’epoca del mai rimpianto ultimo Zapatero?