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 2016  agosto 23 Martedì calendario

Compas!, l’algoritmo che ti condanna (per davvero)

In dubio pro reo? Un corno. Da oggi i dubbi del giudice li risolve Compas! Dai brocardi latini in grado di assicurare secoli di certezza del diritto passiamo alla nuova società tecnoparanoica angloamericana. La legge è uguale per tutti non in aula, ma sull’Ipad. Se la toga non è correttamente connessa, rischi la sedia elettrica. Compas, infatti, è il software elaborato da Northpoint – società fondata da due tecnici che si dicono specializzati in «servizi per la giustizia» – e adottato da un magistrato del Wisconsin per stabilire l’entità della pena di tale Loomis, reo di essere sfuggito alla polizia, e valutare la sua potenziale recidività, basandosi su un questionario di 137 domande rielaborate in modo imparziale e si criteri qualiprecedenti, età, educazione, uso di droghe, atteggiamento sul lavoro e nella vita familiare.
ALGORITMO GIUDICE
La sentenza è stata appellata dagli avvocati della difesa, ma la Corte di secondo grado ha confermato la bontà di Compas: «Se usato correttamente, l’accertamento del rischio elaborato da Compas non viola i diritti della difesa» conferma il magistrato Bradley, e la Corte d’appello del Wisconsin non si discosta: «L’algoritmo del tribunale non sostituisce la decisione del giudice, ma lo informa sulla casistica delle decisioni che si stanno per prendere, inclusi i precedenti e i rischi connessi». Tra le toghe statunitensi Compas è ormai una realtà in larga diffusione per decidere in tempi rapidi su cauzioni, libertà vigilate, condizionali e soprattutto per sfuggire a eventuali accuse di parzialità o ancor peggio di discriminazione razziale. E siccome noi italiani adoriamo scimmiottare gli americani, è bene che tutti gli imputati inizino a preoccuparsi. Non sia mai che qualche giudice nostrano, ricordandosi una delle più farneticanti promesse renziane cadute nel dimenticatoio («i processi non dureranno mai più di un anno!»), s’impossessi dell’infernale strumento informatico-giudiziario e inizi a sfornare condanne in stile Minority report, film in cui il crimine veniva debellato grazie alle premonizioni di tre individui, che prevedevano reato e colpevole prima che tutto accadesse.
PROCESSO DIGITALE
L’idea mi terrorizza. Care toghe, mi raccomando non fatevi indurre in tentazione. Continuate i vostri processi con tutta la cautela sindacalizzata e la parsimonia retribuita che ritenete necessarie. Chi va piano va sano e va lontano, recitava un vecchio adagio e nel dubbio – aggiungiamo noi – scatta la prescrizione. Nonostante tutti i malanni e gli acciacchi della nostra giustizia affidata alle mani inconsistenti di governi incapaci a prescindere dal colore, rimaniamo la culla del diritto. Quando nell’Impero romano vigeva la manus iniectio (imposizione della mano del creditore sul capo del debitore), in America i pellerossa tiravano le freccette. Non facciamo i boriosi, ma nemmeno possiamo affidare le nostre libertà al processo digitale delle intenzioni: quale software può escludere al 100% che un criminale non reiteri statisticamente un reato? Abbiamo già abbandonato l’immaginazione, i desideri e i sogni delle nostre giovani generazioni a tablet e smartphone, ci manca solo che l’ergastolo diventi una App e siamo rovinati. La toga deve guardare le prove e gli occhi dell’imputato, formare il suo convincimento e applicare la legge a prescindere da diavolerie informatiche. Se sbaglia, lo fa in ampia compagnia di medici, giudici, avvocati, ingegneri e persino pizzicagnoli. Infallibili sono solo: il Padreterno, i fannulloni e le teste di cazzo. Connettiti al sito Compas, registrati e riceverai la tua condanna via mail: no grazie…!