Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  agosto 23 Martedì calendario

Italiani, un popolo che è tutto e il contrario di tutto

Il libro di Raffaella De Santis Mammiferi italiani. Storie di vizi, virtù e luoghi comuni (Laterza, p.163, euro 14) sembra fatto apposta per scombinare qualsiasi certezza sul carattere nazionale degli italiani (vero tormentone della nostra storia intellettuale, almeno dal celebre saggio di Leopardi che inaugura il filone autodenigratorio).
Gli italiani non coincidono con nessun cliché perché li comprendono tutti! Come leggiamo sulla quarta di copertina i mammiferi italiani (espressione di Manganelli) sono al tempo stesso sinceri e bugiardi, geni e truffatori, allegri e pessimisti, anarchici e nazionalisti, cattolici e miscredenti, ingenui e machiavellici E potremmo aggiungere: cialtroni e artigiani scrupolosi, sognatori e brutali realisti, estroversi ma sostanzialmente frigidi (come ci vedeva Thomas Mann). Dunque, se davvero siamo tutto e il contrario di tutto, la nostra verace natura non può che essere quella dei commedianti: alla realtà, che troviamo spesso noiosa, preferiamo senz’altro la messinscena della realtà. Ma deve essere una messinscena inappuntabile, fatta bene, a suo modo coerente.
LA PARTE
Ognuno deve aderire in modo credibile alla parte che si è scelta: ad esempio nel Don Pasquale di Donizetti il nostro melodramma è il corrispettivo del grande romanzo europeo ottocentesco la truffatrice Norina sa che non può piangere, poiché la sua parte non prevede le lacrime! L’autrice, studiosa di letteratura e storica delle idee, attinge a un repertorio sterminato, fatto di romanzi, canzoni, film, proverbi, televisioneIl suo metodo non ha niente di scientifico, guidato com’è – rapsodicamente – dai ricordi personali e da notazioni sulla vita quotidiana e sulla cronaca, eppure si traduce in una riflessione antropologica di estrema ricchezza, in cui una raffinata sensibilità letteraria si unisce a curiosità onnivora per i linguaggi del presente (nelle stesse pagine si citano la serie TV Mad Men e uno scrittore quasi dimenticato come Corrado Alvaro, Gaber e Montale, Gianna Nannini e Foscolo).
La narrazione viene scandita da vari capitoli che trattano appunto i luoghi comuni e le mitologie più diffuse dell’immaginario nazionale (molti i maestri, da Prezzolini a Tim Parks, ma forse la musa ispiratrice è un libro negletto sugli italiani di Luigi Barzini): la (vana) lotta moralizzatrice contro l’abitudine del cappuccino (un vero abito mentale prima ancora che un’abitudine di vita), l’eroismo pigro e accidentale di Sordi e Gassman ne La grande guerra di Monicelli, l’antico vizio della bustarella, la inclinazione al complotto deresponsabilizzante, la mania del belcanto (che finisce sempre in qualche nave da crociera o villaggio turistico), la tendenza a essere non tanto bugiardi quanto pseudosinceri, a esagerare per troppa immaginazione (dai personaggi di La Capria al Manuel Fantoni del verdoniano Borotalco), il rito della pastasciutta benché oggi i piatti della tradizione siano sempre rivisitati (Marinetti fallì perché voleva abrogarla), la sbronza popolare degradata nelle enoteche fighette con Chet Baker di sottofondo, il cornuto come l’altra faccia dello sciupafemmine, i playboy troppo mammoni, l’essere voltagabbane interpretato da Oreste Del Buono come espressione di candore, l’eleganza di mafiosi e leader politici d’antan (oggi sostituita da modi vernacolari ormai entrati in Parlamento, tanto che ai poveri cristi è rimasto il parlare da professori!), la trasformazione della donna esemplare, della casalinga di Voghera in femmina voluttuosa incline al porno sadomaso, l’idiosincrasia non alle leggi ma all’applicazione delle leggi, il mito del paese del mare e del sole inventato dalle canzonette (Per quest’anno non cambiare/ stessa spiaggia stesso mare), lo scadimento della parola onore ( a dirla ci si sente più criminali che cavalieri), la raccomandazione come morbo inodore, tipo l’epatite A (tutti abbiamo avuto un contatto con essa), l’arte dell’adulazione per sopravvivere, finita in una piaggeria generalizzata e dunque inefficace.
UN MISCUGLIO
Insomma un popolo di ingegnosi teatranti naturali (perciò forse non abbiamo una tradizione teatrale paragonabile a quella inglese e francese), liberi di interpretare ogni ruolo, tranne l’essere se stessi. Per la ragione che non c’è un nostro essere se stessi. Gratta gratta gli italiani e troverai non un fondo ma un miscuglio. In questa recita – allegra e coatta anche il carattere nazionale è un’altra maschera, un modo di noi italiani per sfuggire agli altri e a noi stessi. Popolo di narcisi, che però non vogliono rispecchiarsi in niente.