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 2016  agosto 23 Martedì calendario

Il 2016 passerà alla storia come l’anno più ricco di nuovi candidati esopianeti

La ricerca dei pianeti intorno ad altre stelle è una della branche più nuove dell’astronomia. Il primo rappresentante della famiglia dei pianeti extrasolari è stato scoperto nel 1995 a opera di due astronomi svizzeri. Si trattava di un pianeta sorprendente.
Delle dimensioni di Giove, ma vicinissimo alla sua stella (51 Peg). Gli astronomi non sapevano spiegarsi come si fosse potuto formare, ma dovettero farsene una ragione perché negli anni successivi i «Giovi caldi» si moltiplicarono. I numeri crescevano al ritmo di qualche decina di pianeti all’anno, poi il tasso di scoperta è via via aumentato, fino ad arrivare, negli ultimi anni, a una vera e propria esplosione demografica. Oggi i pianeti extrasolari hanno abbondantemente superato quota 3300. Principale responsabile della recente crescita della popolazione è la missione della Nasa Kepler che, nel 2014, aveva fatto notizia l’annuncio di 800 nuovi pianeti. Era solo l’inizio perché, nel maggio di quest’anno, Kepler (e la Nasa) hanno superato sé stessi buttando sul piatto della bilancia quasi 1300 nuovi candidati pianeti che sono stati validati con metodi statistici. Così il 2016 passerà alla storia come l’anno più ricco di nuovi candidati esopianeti.
Per stanare un così gran numero di pianeti, Kepler usa il metodo dei transiti. Guarda (anzi guardava) per mesi sempre le stesse stelle aspettando che qualcuna avesse una piccola diminuzione di luminosità dovuto al transito di un pianeta. Se avete avuto modo di osservare il transito di Mercurio il 9 maggio scorso, capirete subito che non si tratta di misure facili: sono effetti piccoli e ci vuole una missione nello spazio per non farsi fregare dalle turbolenze della nostra atmosfera. Il successo è stato superiore a tutte le aspettative e Kepler è diventato la sorgente primaria di informazione sulla variegata famiglia degli esopianeti. Da solo ha scoperto tre quarti dei quasi 3300 pianeti noti oggi e ha cambiato le regole del gioco. Grazie a Kepler abbiamo imparato moltissimo sui sistemi planetari extrasolari. Soprattutto, abbiamo anche scoperto che ogni stella ha almeno un pianeta (possibilmente più di uno) e questo ha fatto lievitare l’interesse per la ricerca di pianeti potenzialmente abitabili. Sono quelli simili alla Terra che orbitano nella zona di abitabilità della loro stella, cioè a una distanza tale che l’acqua possa essere liquida in superficie.
Nella nuova infornata di pianeti Kepler ce ne sono 550 di dimensioni non troppo diverse dalla Terra. Non possiamo essere sicuri che siano rocciosi (sappiamo solo le dimensioni e non la massa) ma sappiamo che i pianeti gassosi tendono a essere parecchio più grandi della nostra Terra.
Kepler trova molte superTerre, un modello sconosciuto nel sistema solare, ma non possiamo certo pretendere di avere il monopolio universale dei pianeti. Anzi, guardando i risultati di Kepler ci si rende conto che i pianeti di dimensioni comprese tra Terra e Nettuno sono la maggioranza dei pianeti extrasolari.
Nove di queste superTerre sono nella fascia abitabile delle loro stelline e questo fa balzare a 21 il numero dei pianeti da tenere sotto osservazione perché hanno i parametri giusti e potrebbero essere potenzialmente abitabili, cioè potrebbero ospitare qualche forma di vita. Attenzione che abitabile non significa abitato, e non dimentichiamo mai che sulla Terra la grandissima parte delle forme di vita sono state e sono batteri.
È quindi probabile che la vita extrasolare, se esiste, sia formata da qualche tipo di batteri. Tuttavia, con il lievitare del numero dei pianeti, specialmente di quelli promettenti, diventano sempre più numerosi i sostenitori della «inevitabilità» dello sviluppo di qualche forma di vita in uno (o in molti) dei pianeti che orbitano altre stelle. I numeri sono impressionanti. La nostra galassia ospita qualche centinaio di miliardi di stelle, ognuna delle quali ha uno o più pianeti. Se anche solo una frazione dei pianeti fosse abitabile… senz’altro lo sviluppo di una qualche forma di vita diventerebbe una circostanza inevitabile.
Ecco perché il miliardario russo Yuri Milner dona 100 milioni di dollari per rilanciare il programma Seti alla ricerca di intelligenze extraterrestri. Il sogno di comunicare con ET ha sempre un grandissimo fascino.