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 2016  agosto 23 Martedì calendario

A Kirkuk, nel Kurdistan iracheno, è stato fermato un dodicenne. Indossava la maglia di Messi e una cintura per farsi esplodere in una moschea

In Turchia, la tragedia più profonda dell’attentato alla festa di nozze a Gaziantep, è quella di Emine Ayhan: 4 dei suoi cinque figli sono rimasti uccisi nell’attentato costato la vita sabato notte a 54 persone. «Se non fosse sopravvissuto almeno lui – ha detto la donna alla Cnn- Turk – mi sarei suicidata». Sono soprattutto bambini, purtroppo, e adolescenti le maggiori vittime dell’attacco attribuito allo Stato Islamico, e considerato da diversi osservatori come un atto di vendetta contro il leader turco Tayyip Erdogan, autore di una giravolta nei confronti del Califfato nero: dall’indulgenza verso i jihadisti che indisturbati attraversavano il Paese della Mezzaluna al recente annuncio di volerli combattere. Ben 29 morti erano minori, 22 avevano meno di 14 anni.
L’ultima tragedia che vede come protagonisti soprattutto i bambini sembra però voler togliere la responsabilità dell’attentato al 12enne indicato in un primo momento dallo stesso presidente turco. Il ragazzino era stato forse accompagnato da due adulti che si erano poi dileguati prima che scoppiasse la cintura usata come miccia per l’esplosivo. In serata il primo ministro Binali Yildirim ha infatti corretto il Capo dello Stato, affermando che le autorità non hanno «alcuna idea» di chi siano i responsabili dell’attentato suicida. «Le prime informazioni sui responsabili della strage – ha spiegato – e in nome di quale organizzazione abbiano agito non erano esatte». L’ordigno è dello stesso tipo di quelli usati in attentati precedenti: un’arma resa più letale dall’aggiunta di chiodi, con un meccanismo già adoperato negli attacchi dello scorso anno ad Ankara e Suruc con 142 vittime in tutto.
I baby-kamikaze si confermano tuttavia come l’ultima terribile trovata del terrorismo. Oltre la frontiera tra il sud est dell’Anatolia e l’Iraq, a Kirkuk, nel Kurdistan iracheno, un ragazzino di 12 anni è stato fermato ieri poco prima che si facesse esplodere. Indossava una maglietta del calciatore Lionel Messi. Avrebbe dovuto colpire nella città curda una moschea sciita. In un video si vedono due poliziotti che lo tengono per le braccia. Poco prima si era fatto esplodere a Kirkuk un altro baby-kamikaze, ferendo tre persone. Il 14enne ha raccontato di essere stato addestrato dal padre e di essere il fratello del piccolo attentatore entrato in azione.
E ad Ankara la purga di Erdogan dopo il fallito golpe del 15 luglio non si ferma ancora. Trecento diplomatici sono stati richiamati dall’estero e dovranno rispondere di complicità con Fethullah Gülen, l’imam turco dal 1999 in autoesilio in Pennsylvania e considerato da Erdogan come l’ispiratore del putsch. Gli Stati Uniti hanno già fatto sapere di non avere alcuna prova per concedere alla Turchia l’estradizione dell’anziano predicatore. Domani ad Ankara arriverà il vicepresidente Joe Biden. Nella capitale e a Istanbul caserme chiuse, secondo le disposizioni post golpe.