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 2016  agosto 23 Martedì calendario

«Più controlli sul confine svizzero». Così la Germania vuole rispedire in Italia i clandestini

Come in un domino inarrestabile, i flussi migratori tornano a spostare la pressione su confini sempre nuovi non appena le vecchie rotte vengono bloccate. Questa volta, chiusa la via dei Balcani e rafforzati i controlli sul Brennero, la stessa dinamica si sta riproducendo sull’asse fra Italia, Svizzera e Germania: il governo di Berlino ha iniziato a rinforzare i controlli di frontiera con la Confederazione elvetica per fermare e respingere i migranti senza documenti in arrivo dall’Italia. L’obiettivo è fermarli e respingerli in un primo tempo verso la Svizzera e da lì in Italia, anche se la loro sistemazione al rientro dalla frontiera di Chiasso rischia di diventare il prossimo rompicapo logistico di questa emergenza ormai durata per oltre un anno.
Che il flusso di clandestini fra Italia, Svizzera e Germania sia ormai al centro delle attenzioni dei governi, lo ha confermato ieri al Corriere il ministro dell’Interno tedesco Thomas de Maizière a margine del suo incontro con il suo omologo italiano Angelino Alfano al Festival di Rimini. De Maizière stima ufficialmente che gli ingressi illegali in Germania dalla Svizzera di migranti sbarcati in Italia siano stati 812 in luglio e 512 nei primi diciannove giorni di agosto. «È più dell’anno scorso – osserva il ministro tedesco – anche se non è ancora realmente preoccupante». L’aumento sugli stessi mesi del 2015 sarebbe stato del 40%, secondo il quotidiano Neue Zuercher Zeitung.
De Maizière ricorda che è in vigore un accordo fra Berlino, Berna e Roma secondo il quale tutti i migranti senza documenti diretti dall’Italia verso la Germania attraverso la Svizzera devono essere intercettati e rimandati indietro mentre transitano dalla confederazione. Il governo tedesco aveva protestato duramente l’anno scorso quando l’Italia lasciava uscire dai confini sulle Alpi i clandestini sbarcati dal Mediterraneo. Ora non più, concede de Maizière. «L’Italia ha imparato le lezioni e ora si comporta in modo responsabile. Anche la Svizzera lavora con forza contro la tendenza a lasciar passare i migranti verso Nord. Ma bisogna che questo approccio sia confermato in futuro», dice il ministro tedesco.
Quello fra i tre Paesi non ha affatto l’aria di un equilibrio stabile, sui flussi di clandestini. I filtri sulla frontiera elvetico-tedesca e i respingimenti di persone verso l’Italia stanno sollevando sempre maggiori preoccupazioni politiche e pratiche. Mercoledì scorso è stato annunciata la creazione di un campo di accoglienza sul Lago di Como capace di sistemare almeno 300 persone espulse dalla Svizzera in ogni momento dato. Ma uno sforzo del genere rischia di rivelarsi tragicamente insufficiente: solo il mese scorso le guardie di frontiera della Confederazione hanno respinto verso l’Italia 4.149 persone, alle quali si aggiungono quelle intercettate sul confine tedesco. «La Svizzera non riesce a individuare e fermare tutti – osserva il ministro de Maizière – dunque dobbiamo tenere alto il nostro livello di attenzione».
Dall’inizio dell’anno le autorità di Berna hanno bloccato 22.181 clandestini entrati nel Paese illegalmente, in gran parte durante l’estate. Se i blocchi e i respingimenti verso l’Italia continueranno ai ritmi attuali, presto il campo di accoglienza sul Lago di Como rischia di diventare sovraffollato e potrebbe tornare a porsi il tema di un rafforzamento dei controlli sul confine italo-elvetico. Nel frattempo Alfano, di fronte a de Maizière a Rimini, è tornato a chiedere che l’Europa lavori ad un patto con la Libia simile a quello che ha fermato gli sbarchi dei migranti dalla Turchia alla Grecia: «Quello è un accordo che va difeso con pragmatismo e applicato anche con il governo libico ufficiale», ha detto il ministro dell’Interno.
De Mazière non ha nascosto le sue riserve in proposito, ma ieri da Rimini ha voluto compiere un gesto di sostegno verso il governo italiano: la Germania – ha fatto sapere – accoglierà altre «centinaia» di richiedenti asilo sbarcati in Italia sulla base degli accordo di redistribuzione dei migranti in Europa siglati nel 2015 e mai davvero attuati.