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 2016  luglio 29 Venerdì calendario

Il governo italiano non ha niente da dire su Erdogan?

Non c’è da ridere: altrimenti farebbe ridere (quasi) il bollettino quotidiano di quell’Erdogan che presto arresterà anche i cani, i gatti, le galline e tutte le fattorie in sospetta combutta con Fethullah Gulen. Nell’attesa ha chiuso oltre 130 media (3 agenzie di stampa, 16 tv, 23 radio, 60 giornali e 29 case editrici) e gli arresti sono quasi 16mila: senza contare i giudici, i giornalisti, i docenti e i funzionari semplicemente allontanati. Tutto questo è certo (sono dati del ministero turco degli interni) e ormai c’è poco da capire, da pazientare, da essere prudenti: eppure il governo italiano, ufficialmente, è fermo ai complimenti per il mancato golpe. A parte un rinforzino governativo datato 18 luglio («è stato un vero golpe», ha detto Alfano) dopodiché non c’è stato più niente, buio: compresa una blanda condanna che Renzi ha bisbigliato in una sede impropria e quindi non pervenuta (perché non governativa) e cioè l’assemblea nazionale del Pd. Siamo fermi, siamo inconferenti, persino l’Unione europea parla e si muove più di noi: siamo politicamente schiacciati sulle varie Emma Bonino, Giorgio Napolitano, Mario Monti, governo Renzi e naturalmente “i mercati” i quali uno dopo l’altro, negli ultimi anni o mesi, hanno auspicato l’ingresso della Turchia in Europa coi suoi 75 milioni di musulmani. Egregio Renzi: forse una parola, a questo punto, ci starebbe. Se non ha il fegato di dirla a Erdogan, la dica almeno a noi.